La Pizza a Metro di Tramonti e le Eccellenze Gastronomiche della Penisola Sorrentina

La Penisola Sorrentina, da secoli meta di viaggiatori da tutto il mondo, affascina non solo per il suo clima mite, il mare intenso e la costa incantevole, ma anche per la sua ricca gastronomia. Specialità come i limoni di Sorrento e i prodotti caseari, quali il fiordilatte e il provolone del Monaco, sono solo un assaggio delle delizie che questa terra offre.

Non tutti sanno che, oltre a Napoli, c'è un'altra località campana che ha dato origine a una tradizione diversa e ancora più antica della pizza: Tramonti, comune della provincia di Salerno nel Parco Regionale dei Monti Lattari, sul golfo di Amalfi. Qui, fin dal Medioevo, le famiglie contadine preparavano una panella di diversi cereali insaporita con spezie e lardo.

La tradizione si è perpetuata nei secoli, e ancora nel Novecento si cuocevano nel forno focacce di farina integrale insaporite con finocchietto selvatico. Proprio queste sono le caratteristiche principali della pizza tramontina, che a partire dagli anni Cinquanta si è diffusa in tutto il mondo seguendo le rotte dell'emigrazione delle famiglie locali.

A Nasti Pizzeria Capri si racconta la storia di una famiglia che ha legato il suo nome alla pizza, in particolare alla tradizione di Tramonti. Una storia che inizia con Giovanni Nasti, che apre nel 1965 la prima pizzeria Capri a Busto Arsizio, per poi trasferirla a Bergamo due anni dopo. “Provengo da Tramonti - racconta Carmine Nasti - un paese contadino della costiera amalfitana, chiamata anche Monti Lattari perché una volta erano tutti piccoli produttori di mozzarella. Dopo aver fatto il pane biscottato (così si conservava più a lungo), nel forno ancora caldo veniva cotta la pizza al metro, grandissima, e tutta la famiglia partecipava a questa festa. Era costume che l’ 1 e il 2 novembre si mangiasse solo pizza".

Oggi, i titolari della pizzeria sono Vittorio, Riccardo e Carmine Jr, rappresentanti della terza generazione di pizzaioli tramontini. Infatti quello che non è mai venuto meno in tutti questi anni di attività è il legame con Tramonti. Questo indirizzo infatti è uno dei punti di riferimento dove gustare questa originale tipologia di pizza: impasto di farina integrale macinata a pietra, Petra 9 Tutto Grano, impreziosito dal finocchietto selvatico, lunga maturazione, topping soprattutto mediterranei per equilibri di sapori unici.

Come fare la Pizza al metro alla Romana

La Pizza a Metro di Vico Equense

Se a Napoli la pizza è rotonda, nella Costiera sorrentina invece è al metro (qui detta «a metro»). E il posto in cui mangiare quella originale è Pizza a Metro - L’Università della pizza, nel cuore di Vico Equense. Qui infatti la inventò negli anni ‘30 (e la brevettò negli anni ‘60) il fondatore dell’attività, Luigi Dell’Amura, detto «Gigino», ricordato in un ritratto appeso proprio davanti ai forni a legna attivi fino a tarda sera.

La sua preparazione è simile a quella della pizza normale, con la differenza che gli ingredienti vengono messi sotto mozzarella. Altra diversità sta nel fatto che la pasta è stesa per ottenere una misura predefinita. I clienti infatti possono ordinarne dai 25 centimetri fino ai due metri: tutta margherita, ad esempio, oppure con più gusti insieme, divisi da striscioline di pasta.

C’è la zucca e salsiccia, quella alle verdure, quella al cipollato e la celebre «Giulio»: un quarto margherita, uno broccoli e salsiccia, uno scarola e un ultimo bacon. Oggi l’attività, che può arrivare fino a duemila coperti contemporaneamente, è gestita dalla terza generazione e il «mastro pizzaiolo» è l’esperto Raimondo Cinque.

Uno spettacolo incredibile è passare qualche minuto osservando - dal vetro della grande cucina a vista - la velocità pazzesca e la sincronia armoniosa con cui pizzaioli impastano, stendono e condiscono la pasta della pizza.

Le Eccellenze Casearie

Entrare in una bottega della costiera sorrentina è un’esperienza. Vi si trovano eccellenze come la mozzarella di Agerola e il caciocavallo, la noce di Sorrento, il salame di carne suina con scorze di arancia e il provolone del Monaco Dop, un formaggio stagionato a pasta filata. Ma anche i burrini, piccoli caciocavalli con un cuore di burro, e la loro variante con olive nere o verdi piccanti: i «diavoletti».

Tutti questi prodotti provengono da caseifici come quello della famiglia Russo di Vico Equense, mastri casari da tre generazioni, noti per le trecce di mozzarella dal sapore intenso di latte fresco e il provolone stagionato, ma anche per l’originale Belsorrento, formaggio esclusivo della zona. C’è poi il Caseificio Luigi Parlato ad Arola. Qui la lavorazione del latte raccolto la sera precedente comincia ancora all’alba. Tutto è rimasto come mezzo secolo fa, quando il capostipite Carlo avviò l’attività. La filatura dei formaggi da stagionare è fatta impiegando l’acqua di una fonte situata a pochi metri dal caseificio e che sgorga dalla roccia a temperatura costante tutto l’anno.

Un fiordilatte prodotto ancora a mano, secondo i metodi di una volta, è quello invece del Caseificio La Sorrentina, a Sant’Agata sui Due Golfi, frazione di Massa Lubrense. Una piccola attività - con punto vendita annesso - a conduzione familiare da tre generazioni.

La Tradizione di Seiano

Il tempio delle eccellenze della Penisola sorrentina, ma anche il megafono di quelle italiane, è La Tradizione di Seiano, a pochi chilometri dal centro di Vico Equense. Salvatore di Gennaro e sua moglie Annamaria hanno trasformato l’antica macelleria di famiglia, fondata da papà Pasquale, in un luogo in cui andare ad comprare - e da qualche anno anche direttamente a gustare - i migliori prodotti alimentari.

Sono loro - insieme ai figli Maria Luisa, Pasquale e Giovanna - a guidare con esperienza il cliente fra gusti e sapori spesso introvabili. Vi si possono acquistare bistecche di vitellini di razza podolica (dalla frollatura perfetta), ma anche salumi, salcicce secche, prosciutti, lardo e tanto altro. Come, ad esempio, il profumatissimo folloviello di Sorrento: delle foglie di limone ripiene di uvetta, fichi e buccia di limone ripassate al forno.

L’assortimento dei prodotti caseari comprende il meglio delle produzioni nazionali ed estere. Così, a fianco al provolone del Monaco, vi si trovano robiole, caprini e persino gorgonzola. E per accompagnare i formaggi vi sono selezioni di confetture e mostarde con la frutta o gli ortaggi, ma anche i migliori mieli nazionali. Infine, ottime birre e una buona carta dei vini.

«I prodotti li selezioniamo andando a conoscere i produttori, creando rapporti umani. Dove ci sono belle persone e storie da raccontare quasi sempre c’è un buon prodotto», racconta Salvatore.

Le Stelle Michelin della Penisola Sorrentina

Lo scorso anno lo chef bistellato Gennaro Esposito de La Torre del Saracino - patron di Festa Vico, uno dei più grandi eventi gastronomici del Sud Italia - ha avviato la macchina per far riconoscere l’attitudine gastronomica di Vico Equense come Patrimonio Immateriale dell’Umanità secondo i canoni Unesco. Questo lembo di terra campana, del resto, è già un punto di riferimento mondiale, sia per i suoi prodotti che per i cuochi che ci lavorano.

A testimoniarlo è il numero di stelle Michelin che ospita e che ne fanno la punta di diamante dell’alta cucina campana: due de La Torre del Saracino, una di Maxi e un’altra dell’Antica Osteria Nonna Rosa. Quest’ultima è uno dei locali più romantici della Penisola, dove da oltre venti anni lo chef Peppe Guida e sua moglie Lella - oggi insieme ai figli Francesco e Rossella - hanno scelto di vivere e di ricevere gli ospiti nella loro cucina, quella che prima era il cuore della casa di famiglia. Qui vengono reinventati i sapori del territorio e attualizzate le sue tradizioni. Una caratteristica è la scelta accurata delle materie prime con abbinamenti - pochi - declinati con gusto e mestiere e impiattati con essenzialità.

Profumi intensi, una tecnica mai esibita ma funzionale. Come gli spaghettini risottati cotti nell’acqua dei limoni del suo agrumeto, con olio e provolone del Monaco. O gli eleganti gamberi con ricotta di bufala al bergamotto, oppure ancora gli essenziali ravioli ai formaggi vicani con pomodoro pestato al mortaio dell’orto di Montichiaro, dove lo chef sta aprendo una struttura con cucina e ospitalità. Non si può andar via, poi, senza aver assaggiato le graffe fritte e del digestivo mallo di noce candito.

Nella Penisola sorrentina, poi, si trovano ben altre nove stelle Michelin. A Massa Lubrense ci sono due bistellati: i Quattro passi dello chef Tonino Mellino e il Don Alfonso 1890 - un pezzo di storia della gastronomia italiana -, dello chef Ernesto Iaccarino. E poi il Relais Blu e La Taverna del Capitano, una stella ciascuno. Non distante invece si trovano gli stellati Don Geppi a Sant’Agnello e la Terrazza Bosquet e Il Buco a Sorrento. Alla guida di quest’ultimo c’è lo chef Peppe Aversa.

Accoglienza, ricerca e emozione sono le sue parole d’ordine. La sua è una storia singolare, da ragazzo ha lavorato come marinaio sui mercantili, viaggiando in tutto il mondo e assaggiando prodotti e piatti dai gusti lontani da quelli della cucina campana. Qui la cucina è fatta di attenzione maniacale per la materia prima, ma anche curiosità e appartenenza. «Creo piatti capaci di esaltare e raccontare il territorio e le sue esperienze, perché il gusto è la chiave della memoria ed è uno dei modi migliori per promuovere la nostra terra», spiega lo chef. Un esempio? La linguina con scorfano della Costiera marinato al limone di Sorrento, con salsa di bottarga e pomodori secchi profumati al limone.

L'Antica Torrefazione Caffè G. Maresca

Se il caffè in Campania ha un gusto «speciale», quello che L’Antica Torrefazione Caffè G. Maresca produce a Piano di Sorrento dal 1910 è quasi unico. Questa infatti è una delle ultime attività in Italia a tostare ancora i chicchi a legna (quella di ulivo e quercia per lo più), in una tostatrice originale degli anni ‘30.

«Con il variare del legno varia anche il gusto del caffè», racconta Michele Gargiulo, titolare dell’azienda ed erede del fondatore Giuseppe Maresca, che negli ultimi anni ha creato una struttura di ricerca, il «Labcafè», che segue il processo produttivo dalla fase iniziale (la scelta del caffé verde), fino al confezionamento e alla distribuzione. La loro miscela, «Maresca Oro», unisce le migliori qualità di caffé Arabica come il Guatemala d’Altura, il Maragogype, il Colombia e il Santos «Fancy Supremo».

Il punto vendita, poi, è un piccolo museo in cui foto, locandine, macinini, raccontano la storia di questa bevanda.

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