Salame da Passeggio: Storia e Preparazione di un'Eccellenza Italiana

Il salame non è solo un prodotto della storia e della cultura delle terre emiliane, ma anche un'espressione della loro arte. Nel Battistero di Parma e nel Duomo di Fidenza sono scolpite scene di lavorazione dei salumi risalenti al XIII secolo, testimonianza di una tradizione secolare.

Lavorazione artigianale del salame.

Le Origini Antiche del Salame

Le origini della produzione di salame risalgono addirittura all’Età del Bronzo (3400 a.C.- 600 a.C.). In origine, presso i romani, era insicia e salumen, nel Medioevo divenne salamem e salacca, per poi evolversi in salame per gli italiani e infine salami, in quasi tutte le lingue del mondo.

Sono questi i nomi che nel tempo si sono succeduti per indicare il principe dei salumi, generalmente composto di carne suina scelta, macinata prima, speziata in vari modi poi, infine insaccata nel budello e lasciata stagionare. E ognuno di quei nomi (eccetto insicia da cui deriva però insaccato) contiene il riferimento al sale, che per il salame non rappresenta solo un ingrediente, ma una tecnica di conservazione. In realtà, non è raro che la vicenda di un nome si identifichi con l’oggetto che descrive, ma nel caso del salame è particolarmente vero.

Ed è una storia antichissima di saperi, sapori, contaminazioni culturali, tradizioni e innovazioni che in gran parte accompagna la storia delle nostre abitudini alimentari e della nostra civiltà nel suo complesso. In particolare, di un paese: l’Italia. In Italia, infatti, non solo si producono le più numerose varietà di salami al mondo, ma è anche dove quel tipo di preparazione ha origine e dove è diventato arte della tavola. E l’origine del salame è talmente italiana da affondare le radici della sua tradizione al tempo degli Etruschi e dei Romani, esplodere e consolidarsi nel Medio-evo, per poi differenziarsi di località in località, di campanile in campanile, dando vita a decine di preparazioni diverse, grazie a tecniche di macinatura, spezie, stagionature tra loro alternative dalle quali si sono sviluppate le attuali tipicità locali.

L'Evoluzione Attraverso i Secoli

Infatti, ad essere rigorosi, prima di Etruschi e Romani, già in epoca preistorica ci sono le prime esperienze di conservazione e lavorazione della carne. Ma il sale ancora non è usato: al processo di essiccazione si provvede o con il calore del sole o con quello della fiamma viva e del fumo.

Il salto in avanti avviene con gli egiziani: appaiono per la prima volta dei prodotti simili agli insaccati odierni che pare fossero apprezzati anche alla corte del faraone, tanto che se ne trova una testimonianza sulla tomba di Ramsete III.

Il primo a scrivere di salumi è però Omero. Siamo un paio di secoli dopo il 1000 a.C., e in alcuni passi dell’Odissea si fa riferimento a un composto a base di sangue e di grasso. Non è, però, ancora propriamente salame come lo intendiamo oggi, almeno. Come non è forse salame quella lucanica che viene talvolta menzionata da Aristofane molti secoli dopo - siamo nel IV secolo prima di Cristo - nelle sue commedie e di cui sembra rimasto intatto solo il nome.

Per avere testimonianze più certe occorre spostarsi, appunto, in Italia e attendere qualche secolo, quando entrano in scena prima gli Etruschi e poi i Romani e dove probabilmente gran parte della storia del salame si gioca lungo quella via Salaria che collega Roma con l’Adriatico proprio per trasportare l’elemento essenziale per la lavorazione e conservazione degli alimenti: il sale.

Di questo, si ritrova testimonianza anche in Catone il Censore, che dedica al tema della salatura della carne suina alcuni passi di un suo famosissimo trattato, il De Agricoltura del II secolo a.C. Cotta o cruda che sia, i romani non sembrano farsene un cruccio e i loro poeti (Orazio per dirne uno) in molte opere citano con entusiasmo quelle preparazioni, in genere riservate alle feste e ai banchetti.

In quest’epoca i romani chiamano i salumi ancora insicia (che richiama l’insaccamento della carne) o botulus, Solo nella tarda epoca latina si affaccia il nome salumen, che avrà però bisogno ancora di qualche secolo per diventare il nome esclusivo delle carni suine insaccate e stagionate: al momento indica tutti gli alimenti lavorati con il sale.

In ogni caso, il salame è già diventato una consolidata tradizione italica che si è diffusa nel resto dell’Impero. Non solo: la lavorazione della carne di maiale sviluppa in Italia anche altre specialità come il prosciutto, che pare abbia sedotto Annibale, e la mortadella, nell’allora Bonomia, ovvero Bologna.

Roma decade e l’Impero si trasforma in tante entità nazionali, di stampo cristiano e latino-barbarico. L’Italia, dopo gli Ostrogoti, diventa la casa dei Longobardi che provano a unificarla in un solo regno. Di mezzo c’è il Papato e quell’unione non “s’ha da fare”. Ma i Longobardi uniscono l’Italia in modo diverso: sotto il loro regno si diffondono lungo la penisola dei procedimenti che rinnovano l’ormai secolare tradizione della lavorazione della carne.

E la vera novità è che si trova il modo di trattare e conservare in sicurezza anche la carne cruda. Con l’intensificarsi del consumo di maiale, che allo stato brado è molto diffuso nei boschi europei, iniziano a profilarsi le zone a maggiore vocazione salumaia, che forse non a caso, coincidono con quelle a maggiore presenza longobarda: Sannio, Umbria, Pianura padana, in particolare Lombardia ed Emilia. In quest’epoca inizia, così, a emergere in maniera più spinta la tendenza alla differenziazione delle lavorazioni e degli ingredienti.

I salumifici dell’epoca sono i conventi e le grange - la versione medioevale delle aziende agricole: è lì che convergono le carni provenienti dal circondario. Per indicare il salame si usa ancora la generica parola latina salumen. Ma i tempi corrono veloci e, tra alti e bassi, dopo il Mille il consumo di carne suina e di pesce nordico aumentano. Tanto da rendere necessario distinguere il baccalao - ovvero il merluzzo salato - dalla carne di maiale.

Si afferma il nome salamem, affiancato da salacca. Secondo alcuni, l’originaria comunanza del nome spiegherebbe perché nell’italiano familiare sia salame sia baccalà indichino bonariamente uno sciocco. Tale differenziazione linguistica sembra accompagnare la sempre maggiore specializzazione e raffinatezza nella preparazione della carne suina, che prevale sulle altre, non solo per la maggiore reperibilità, ma anche per le intrinseche caratteristiche.

L’età medievale matura e le Corporazioni diventano protagoniste: sono loro che dettano le regole per la produzione dei beni e ogni Comune ha i suoi protocolli. Le preparazioni tipiche si moltiplicano in tutta Italia di pari passo con la caratterizzazione territoriale delle ricette. Stanno nascendo i salumi tipici locali e le cucine regionali italiane, nelle cui ricette compaiono anche gli insaccati.

Nel Rinascimento, avviene la consacrazione definitiva dei salumi che entrano nelle corti e imbandiscono le ricche tavole dei Principi. Nel manuale il “Trinciante” di Vincenzo Cervio, compare per la prima volta il sostantivo salame e si afferma l’appellativo salumiere per l’artigiano che lavora con maestria le carni suine, mentre il termine medioevale lardarolo tende a scomparire. Sopravvivranno, invece, norcinaio e norcineria, soprattutto nel Centro Italia.

La produzione di salame diventa una delle più importanti lavorazioni alimentari e si diffonde velocemente, affermandosi sempre più come specialità socialmente trasversale, amata da tutte le classi, comprese le dinastie reali, che non fanno mistero di questa loro preferenza.

Siamo ormai in epoca moderna e la rivoluzione industriale non sembra intaccare una tradizione, che si rafforza così come si rafforzano i protocolli di qualità. Le tecniche di lavorazione si diversificano e raffinano, mentre i tradizionali ingredienti quali aglio, vino, pepe e spezie si combinano in nuove preparazioni, adattando ai tempi il sapore e l’aroma del salame.

È così che i salumi italiani conquistano il mondo e finiscono con l’indentificare la tradizione e la gastronomia dell’Italia intera. Intanto, le tipicità regionali, soprattutto artigianali, si sono ormai affermate e riproducono anche con il salame l’eterno derby Nord-Sud: nel Settentrione tendenzialmente più dolci, sempre più speziati andando verso Mezzogiorno. Da un lato il salame Milano dall’altro il salame Napoli, da una parte l’ungherese, dall’altro la schiacciata con in mezzo la finocchiona a far quasi da spartiacque. A vincere è la varietà dei gusti e dei tipi - diversificati per macinatura, aromi e stagionatura -, tanto che diventa una sfida improbabile citare tutte le varianti locali.

Il Salame di Felino: Un Esempio di Eccellenza

Altro territorio famoso per il salame è quello parmense, con il paese di Felino in particolare. Si può dire che Felino, per via delle caratteristiche climatiche della zona, sia il luogo ideale dove produrre il salame. L’umidità, la particolare circolazione dell’aria e la temperatura sono tutti fattori che influiscono sul trattamento della carne, dall’allevamento fino al macello e, infine, alle varie fasi di “vita” che il salame di Felino deve attraversare per acquisire il suo sapore impareggiabile.

Un aspetto sottovalutato, ma in realtà cruciale per il risultato finale, è l’impiego del sale di Salsomaggiore, estremamente delicato e pregiato, in grado di rispettare il sapore originale della carne senza stravolgerlo. La salatura è una delle fasi più decisive e delicate nella produzione dei salumi e, in questo senso, questo particolare sale è un vero e proprio alleato dei produttori.

Nel Battistero di Parma è possibile osservare una riproduzione artistica del salame di Felino, risalente al XIII secolo. Nell’Ottocento Felino era uno dei centri più attivi in termini di produzione di salumi. I salumifici superavano addirittura gli allevamenti stessi di maiale, sia in numero che in dimensioni.

Il fermento di questo settore favorì l’esportazione del salame, tanto che a fine secolo, nel 1897, la fama del “Principe dei salami” giunse fino in Lombardia. Milano fu proprio la città in cui la denominazione “salame di Felino” vide la luce, a sottolineare il preciso collegamento tra la qualità del prodotto e il suo luogo d’origine.

Salame di Felino IGP.

Nel 1581 il salame compare in un manuale di cucina di Vincenzo Cervio, che lavorava alla Corte dei Farnese; si riferiva a un insaccato costituito da carne e grasso di maiale, condito con sale e pepe in grani, insaccato in un budello e poi messo a stagionare. Sulle mense dei Farnese, dei Borboni, e della duchessa Maria Luigia d’Austria era presente il salame; del resto la stessa Maria Luigia nel 1822, con Sovrana risoluzione, istituisce il mercato di Felino dove “si fa lo spaccio anche di buoni salati”. Sovrana illuminata e lungimirante.

La Preparazione Artigianale: Un Rito Antico

Quanti di noi hanno avuto la fortuna di assaggiare un salame fatto in casa, preparato secondo le antiche ricette tramandate di generazione in generazione? Al centro di questa tradizione c'era il maiale, macellato solitamente intorno a San Martino, un rito che segnava l'inizio dell'inverno e garantiva alla famiglia una scorta di cibo per i mesi freddi.

"Il giorno dopo arrivava il norcino e nel giro di una mezza giornata facevano il maiale: facevano i salami, facevano le salsicce", racconta Nonno Carlo. "Finito il tutto ci faceva la famosa testa cotta e con tutti quegli scarti buonissimi, ancora che venivano fatti bollire, dopo attaccati in un sacco di spina, si induriva, si raffreddava. Era molto saporito e molto buono".

La preparazione del salame era un'operazione lunga e laboriosa, che richiedeva maestria e conoscenza. Si partiva dalla scelta della carne migliore: lonza, coscia e spalla. Il ripieno veniva insaporito con sale, pepe e altre spezie, a seconda delle preferenze personali. La stagionatura era la fase finale e più delicata. I salami venivano appesi in luoghi freschi e aerati, dove potevano stagionare lentamente.

Nonno Carlo ci svela alcuni dettagli: "Si prende la carne migliore del maiale, la carne migliore vuol dire lonza, la coscia, parte la spalla perché deve essere anche la carne un po' leggermente dura.

Per l’impasto, da cui poi si ricava il salame, si preferiscono particolari tagli di carne: la spalla disossata, pancetta e macinato selezionato con ottime rifilature magre e grasse di prosciutto.

Anche l’uso di spezie e aromi naturali è una pratica antica nella produzione del salame. Le spezie utilizzate nel passato comprendevano pepe nero, bacche di ginepro, aglio, rosmarino, alloro e finocchio selvatico.

Un’altra tecnica antica utilizzata nella produzione del salame è l’uso di budelli naturali. In passato, i salumi venivano insaccati nei budelli di animali, come maiali, pecore o capre.

Ad esempio, il metodo di stagionatura del salame è rimasto sostanzialmente lo stesso nel corso dei secoli. Dopo essere stato insaccato, il salame viene appeso ad aste di legno, in un ambiente fresco e umido.

Fino a circa la metà del ‘900 le macchine per la lavorazione del salame, e dei salumi in generale, erano poche. Azionate da motori elettrici, venivano utilizzate per macinare, impastare e insaccare. Sarà soltanto a partire dagli anni ’60 che l’evoluzione tecnologica inizierà ad acquisire una maggiore importanza.

Le Varietà Regionali Italiane

In Italia ci sono tantissime varietà di salame e ognuna rappresenta il gusto e la tradizione locale o regionale. Il salame, forse più di altri salumi, riesce ad esprimere il patrimonio culturale contadino di ogni regione, come dire “ognuno lo prepara alla sua maniera”.

Le tradizioni culinarie sono un patrimonio inestimabile, che va preservato e tramandato alle nuove generazioni.

Il Piemonte, terra di colline, montagne e vini pregiati, è anche patria di una tradizione salumiera ricca e variegata. Ogni angolo della regione offre specialità uniche, frutto di secoli di storia e passione culinaria.

Salame Piemonte IGP

Il re dei salumi piemontesi che si distingue per l’aggiunta di vino rosso locale, come il Barbera che conferisce un aroma inconfondibile. È una IGP e si avvicina a una DOP, perché permette di indicare l’origine delle carni in etichetta, anche se il disciplinare non impone restrizioni geografiche sull’origine dei suini.

La carne viene tritata a grana media, si aggiungono le parti grasse e poco sale (massimo 3%); le spezie e i gusti (pepe in grani, aglio, chiodi di garofano e noce moscata) lasciati a macerare nel VINO ROSSO (Barbera, Nebbiolo o Dolcetto l’importante è che siano vini DOC). Consistente, ma sempre morbido, secondo l’uso locale, con la sua fetta rosso rubino dal sapore dolce e delicato, incontra il gusto e l’abitudine dei consumatori piemontesi, ma anche di tutti coloro che amano i sapori avvolgenti di un boccone appetitoso che non stanca mai.

Salam d’la duja

È un salame di puro suino conservato sotto grasso. Come viene preparato? Con carni grasse e magre del maiale (spalle, pancetta, lardo, coscia, culatello, coppa), sale, pepe, aglio, spezie e … Barbera. L’impasto macinato a grana media viene insaccato in budello naturale. Un tempo i contadini lasciavano asciugare i salami in cantina per un mese, riscaldando l’ambiente con bracieri.

Le aree piemontesi tipiche per la produzione del Salam d’la duja sono infatti il Novarese, il Biellese, il Vercellese e anche l’Alessandrino. Esso è classificato “Prodotto agroalimentare tradizionale del Piemonte”, ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, del Decreto Ministeriale n. 350 dell’8 settembre 1999 e dell’Allegato alla Deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 16 aprile 2013, n.

Salame Cotto

Il Salame Cotto è una specialità che nasce nel Monferrato e nel Canavese. La carne viene insaccata e poi cotta, piuttosto che stagionata, per ottenere un sapore morbido e speziato. Il metodo di lavorazione è rimasto quello di un tempo. Un tempo lo si lasciava raffreddare del suo brodo che poi diventava acqua di salamoia per la conservazione. Il suo sapore particolare e delicato fa di questo prodotto una prelibatezza che merita la tutela del Consorzio Salumeria Tipica con Sede presso la Camera di Commercio di Cuneo.

In Piemonte, lo assaggerete senz’altro in qualsiasi trattoria tipica, nel giro salumi previsto tra gli antipasti.

Salsiccia di Bra

La Salsiccia di Bra (o salciccia come dicono i Piemontesi) è una vera chicca per gli amanti della carne cruda. In principio si preparava con la sola carne bovina, per soddisfare le esigenze di una importante comunità ebraica che risiedeva a Cherasco, vicino a Bra.

La DOP arriva nel 2009 grazie all’attività del Consorzio di tutela e promozione del Crudo di Cuneo D.O.P., nato nel 1998 dall’iniziativa di un gruppo di imprenditori della filiera suinicola cuneese. Le origini invece sono molto più lontane, parliamo del secolo 1600-1700.

Secondo il disciplinare, l’area di produzione comprende la provincia di Cuneo, la provincia di Asti e 54 comuni della zona Sud della provincia di Torino.

I salumi piemontesi rappresentano molto più di una semplice eccellenza culinaria: sono il simbolo di un sapere tramandato di generazione in generazione, radicato nel territorio e nell’amore per le materie prime. Ogni prodotto racconta una storia, fatta di tradizioni contadine, innovazione e passione per la qualità.

Degustare un salume piemontese, che sia il Salame Piemonte IGP, il Salam d’la duja o il Prosciutto Crudo di Cuneo DOP, è come fare un viaggio attraverso i sapori autentici di questa straordinaria regione.

Selezione di salumi tipici piemontesi.

Come Tagliare il Salame Perfettamente

Mattia, nipote di Nonno Carlo, ci mostra come si taglia il salame alla bergamasca in un divertente tutorial. La fetta perfetta deve essere sottile, ma non troppo, e deve mantenere la sua forma. Per facilitare la rimozione della pelle, come prima cosa si taglia la testa del salame.

Come dobbiamo tagliare le fette del salame? Se il diametro del salame non è particolarmente generoso, si consiglia un taglio trasversale, che permetterà di avere una sezione della fetta più generosa. A Bergamo si dice che la fetta “deve stare in piedi da sola”.

Il salame artigianale ha un sapore unico, inimitabile, grazie all'utilizzo di materie prime fresche e genuine, alla lenta stagionatura e all'assenza di conservanti.

Taglio del salame - Video Ricetta - Grigio Chef

Ecco una semplice tabella riassuntiva delle principali varietà di salame italiano:

Nome del SalameRegione di OrigineCaratteristiche Principali
Salame di FelinoEmilia-RomagnaGusto delicato, aroma speziato, sale di Salsomaggiore
Salame MilanoLombardiaGrana fine, colore chiaro, gusto dolce e delicato
Salame di Varzi DOPLombardiaTagli pregiati, stagionatura in cantine naturali, sapore leggermente dolce con note aromatiche
FinocchionaToscanaSemi di finocchio nell'impasto, aroma erbaceo, consistenza morbida
Salame ToscanoToscanaLardelli di grasso ben distinti, morbidezza al palato, sapore pieno
Salame NapoliCampaniaGusto intenso, leggermente speziato, grana grossolana
VentricinaAbruzzo e MoliseDolce o piccante a seconda del peperoncino, cubetti di carne tagliati a mano, finocchietto selvatico
Salame di CinghialeToscana, Umbria, Lazio, SardegnaCarne di cinghiale mescolata a carne di suino, gusto rustico e intenso
Salame Piemonte IGP Piemonte Aggiunta di vino rosso locale (Barbera), carne tritata a grana media, spezie macerate nel vino
Salam d’la duja Piemonte Conservato sotto grasso, carne di maiale (spalle, pancetta, lardo, coscia, culatello, coppa), Barbera
Salame Cotto Piemonte (Monferrato e Canavese) Carne insaccata e cotta, sapore morbido e speziato
Salsiccia di Bra Piemonte (Cuneo, Asti, Torino) Carne bovina (in origine), preparata cruda

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