La Scena Iconica degli Spaghetti di Alberto Sordi in "Un Americano a Roma"

Si siede a tavola con la sedia rivolta al contrario, il berretto nero e la maglia bianca a girocollo. Poi si versa il latte nel bicchiere, prende un piatto di maccheroni e lo infilza con la forchetta come se stesse sventrando un animale selvaggio. «Io me te magno», dice Nando Moriconi, ossia Alberto Sordi, in una delle scene più famose di Un americano a Roma, film tra i più iconici del nostro cinema.

L’immagine dell’attore che mangia con foga spesso campeggia sulle pareti dei ristoranti italiani all’estero, nelle mostre di fotografia più rinomate e in una certa iconografia del tricolore. Merito, certo, del genio di Sordi, ma anche dei maccheroni, forse uno dei piatti più famosi della nostra tradizione.

Un Americano a Roma: Genesi di un Mito Gastronomico

Il film di Steno, Un Americano a Roma, è una satira pungente dell'Italia del dopoguerra, un paese affascinato dall'America e dai suoi miti, ma ancora profondamente legato alle proprie tradizioni. Nando Moriconi, interpretato da un Sordi in stato di grazia, è l'emblema di questa contraddizione. Giovane romano ossessionato dal sogno americano, Nando si atteggia a cowboy, imita i divi di Hollywood e disprezza tutto ciò che è italiano. Ma quando si tratta di cibo, la sua identità riemerge prepotentemente.

La Scena degli Spaghetti: Un Rito di Passaggio

La scena degli spaghetti è il cuore pulsante del film. Dopo aver tentato, con risultati disastrosi, di imitare le abitudini alimentari americane (ketchup sulla pasta, senape sul gelato), Nando si ritrova di fronte a un piatto fumante di spaghetti al pomodoro. La sua reazione è istintiva, primordiale. Dimentica il suo ruolo di "americano", afferra la forchetta e si abbandona a un'abbuffata pantagruelica.

Mentre ingurgita spaghetti a piene mani, Nando ritrova la sua vera identità, la sua romanità, la sua italianità. La scena è girata con maestria. La regia di Steno si concentra sui primi piani di Sordi, esaltandone la mimica facciale, la voracità, il piacere puro e incontaminato del cibo. La colonna sonora, incalzante e festosa, accompagna l'abbuffata di Nando, trasformandola in una sorta di rito di passaggio, un ritorno alle origini.

Oltre la Comicità: Un Significato Profondo

La scena degli spaghetti non è solo divertente, è anche profondamente significativa. Rappresenta la resilienza della cultura italiana di fronte all'influenza americana. Nando Moriconi può fingere di essere americano, ma non può rinnegare la sua natura, il suo amore per la pasta, la sua tradizione culinaria. Gli spaghetti diventano, in questo senso, un simbolo di identità nazionale, un baluardo contro l'omologazione culturale.

La scena degli spaghetti è diventata un'icona popolare, un'immagine che tutti gli italiani conoscono e riconoscono. È stata ripresa, citata, parodiata innumerevoli volte. Ha contribuito a creare il mito di Alberto Sordi, attore capace di incarnare l'anima dell'Italia, con le sue contraddizioni, le sue debolezze, ma anche con la sua inesauribile vitalità.

L'Influenza della Scena degli Spaghetti sulla Percezione degli Italiani all'Estero

La scena degli spaghetti ha avuto un impatto significativo sulla percezione degli italiani all'estero. Ha contribuito a rafforzare lo stereotipo dell'italiano amante della pasta, del buon cibo e della convivialità. Se da un lato questo stereotipo può apparire limitante, dall'altro ha contribuito a creare un'immagine positiva dell'Italia, un paese associato al piacere, alla gioia di vivere e alla buona cucina.

Gli Spaghetti: Un Ambasciatore dell'Italianità

Gli spaghetti, grazie anche alla scena di Un Americano a Roma, sono diventati un ambasciatore dell'italianità nel mondo. Sono uno dei simboli più riconoscibili del nostro paese, un prodotto che evoca immediatamente immagini di sole, mare, tradizioni e sapori autentici. La scena di Sordi che mangia spaghetti ha contribuito a diffondere questa immagine positiva dell'Italia, a far conoscere la nostra cultura e a far apprezzare i nostri prodotti.

Alberto Sordi, gigante del cinema italiano, non è solo un attore. È un simbolo, un'incarnazione dell'italianità stessa. Tra i suoi tanti ruoli memorabili, uno spicca per la sua capacità di sintetizzare un'epoca, un costume, un'identità: quello di Nando Moriconi in Un Americano a Roma (1954). E in particolare, la scena degli spaghetti.

«Maccarone, m’hai provocato, e io te distruggo», se si pensa ad Alberto Sordi a tavola non può che venire in mente la celebre scena di Un americano a Roma, quella in cui il cultore del sogno americano, Nando Mericoni, regala una delle più belle dichiarazioni d’amore alla cucina italiana.

Nei suoi oltre 150 film in carriera, l’Albertone nazionale (che odiava essere chiamato così) di scene a tavola o nei ristoranti ne ha recitate parecchie. D’altra parte, la sua è sempre stata la maschera dell’italiano medio, per il quale il cibo è sacro. Sordi riesce sempre a rappresentare stati d'animo e situazioni psicologiche in pochi semplici gesti. Anche nei film in cui il tema non è gastronomico, lo troviamo spesso di fronte al cibo, come metafora, nel bene e nel male, delle condizioni sociali.

Scena iconica del film diretto da Steno. Sordi è Nando Mericoni un giovanotto senza arte né parte che sogna e mitizza gli Stati Uniti e cerca di comportarsi come un americano, con tanto di parlata in inglese maccheronico (e qui l’aggettivo è doppiamente giusto).

Torna a casa a sera tardi e trova la tavola pronta con la sua cena. Vede la zuppiera di spaghetti e si indigna: “Maccaroni? Questa è roba da carrettieri, io non mangio maccaroni. Vino rosso? Io non bevo vino rosso. Lo sapete che sono americano, gli americani non mangiano maccheroni, non bevono vino rosso. Bevono latte, per questo vincono gli apache. Maccarone, che mi guardi con quella faccia intrepida, mi sembri un verme, maccarone. Questa è roba da americani: yogurt, marmellata, mostarda… roba sana sostanziosa”. E addenta un morso di pane e mostarda irrorato di latte. Poi sputa subito tutto, pronunciando una delle frasi passate alla storia del cinema. “Ammazza che zozzeria! Gli americani aho… Maccherone, mi hai provocato e io ti distruggo, adesso maccherone, io me te magno”.

Al dente, scotta, in bianco, corta, lunga, rigata o liscia, la pasta non è solo al centro della scena sulle tavole di tutto il mondo - in particolare quelle italiane (il nostro paese è infatti primo in Europa per la coltivazione di frumento duro con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso, secondo dati Confagricoltura) - ma anche al cinema.

Da Un americano a Roma, passando per Il ritorno di Don Camillo, fino ad arrivare al più internazionale Mangia, prega, ama, sono tantissimi i film in cui un piatto di spaghetti o di maccheroni gioca un ruolo chiave nella vicenda.

Forse è proprio questa la scena più famosa dedicata alla pasta nel cinema italiano: in Un americano a Roma, del 1954, Alberto Sordi, nei panni di Nando Moriconi, un ragazzo italiano che vuole a tutti i costi assomigliare a uno statunitense nei modi di vestire e nello stile di vita, addenta una forchettata di pasta che, a suo dire, lo ha provocato.

Mangia, prega, ama: Julia Roberts, nei panni della statunitense Elizabeth Gilbert, assapora un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico seduta in un ristorante in piazza Febo a Roma, dopo aver intrapreso un lungo viaggio per riscoprire se stessa e abbandonare la routine. La scena è diventata una delle più famose del cinema degli ultimi anni. Mangia, prega, ama, infatti, è uscito nel 2010, e ha rappresentato un enorme successo sia per il cast, sia per il messaggio.

In Heartburn, Meryl Streep prepara una carbonara dopo una notte d’amore e la porta a letto a Jack Nicholson. Una scena che urla comfort food a pieni polmoni.

La storia dei maccheroni

La parola “maccherone” è di origine meridionale, più precisamente campana: il soprannome “mackarone” è attestato a Cava nel 1041 smentendo, così, la leggenda che vuole il maccherone importato in Italia da Marco Polo di ritorno dal Catai. Il termine, tuttavia, ha valenza diversa a seconda della regione in cui ci si trova: se in Abruzzo rappresenta i cosiddetti maccheroni alla chitarra, in Sicilia si riferisce a una speciale versione senza buco e servita con salsa di pomodoro, carne di castrato e caciocavallo grattugiato. Resta, tuttavia, una delle forme di pasta più famose al mondo, simbolo della tradizione di ieri e oggi, facilmente riconoscibili e straordinariamente gustosi.

Preparazione dei maccheroni fatti in casa

Per preparare i classici maccheroni fatti in casa è necessario che la farina sia di semola rimacinata di grano duro. Si parte con 400 grammi, più 200 ml di acqua tiepida. Poi, si comincia. Versare a fontana la farina in una ciotola, aggiungere un po’ d’acqua nella buca formata al centro del cumulo e incorporare la farina poco a poco. Continuare ad aggiungere l’acqua tiepida e lavorare con le mani fino a quando non sarà assorbita del tutto. A questo punto versare l’impasto sul piano di lavoro e lavorare a mano per almeno 10 minuti, fino a quando diventa duro e liscio.

Formare una palla, coprirla con un panno pulito e lasciar riposare per circa un’ora a temperatura ambiente. Prelevare, poi, un pezzo di pasta alla volta, rullarlo fino a ottenere dei cilindri grossi più o meno come una sigaretta e tagliarli a pezzi di circa 5 centimetri. Appoggiare sopra un bastoncino per spiedini e premere leggermente in modo che penetri nella pasta, poi chiuderla intorno al legnetto. Appoggiare sopra il palmo della mano, fare scorrere il maccherone avanti e indietro fino a quando la pasta non sarà arrotolata, quindi sfilare delicatamente il maccherone e metterlo ad asciugare su un panno pulito. Continuare fino a quando tutti saranno pronti.

Nando prima disdegna la pasta ma poi vi si accanisce con grande appetito, dimostrando di preferire senza alcun dubbio le buone anche se “antiche” abitudini italiane, alle insulse mode “estere”. C’è chi sostiene che i maccheroni siano nati in Cina, dal momento che anche Marco Polo nel suo “Milione” ne fa riferimento esplicito. Ma se fosse così, da dove ha origine il loro nome? Quasi certamente in Grecia.

Partendo dalla Cina, attraverso la Grecia, giungiamo a quello che comunemente è considerato il luogo di nascita del maccherone: Napoli, ex colonia greca. Proprio perché la pasta, e ancor più la pasta asciutta, ha origini misteriose, è interessante riportare la meravigliosa leggenda che Matilde Serao, scrittrice e giornalista italiana di fine ‘800, elaborò per raccontarne l’origine.

Maccaroni di Un Americano a Roma *ME TE MAGNO*

Narra la scrittrice che “nel 1220, regnando Federico II di Svevia, re di Napoli e di Palermo, viveva all’ombra del Vesuvio in contrada Posanova, il misterioso mago Chico. Abitava in una casa malfamata: uno strozzino al primo piano, una donna di facilissimi costumi al secondo, ladri esperti al terzo, questi erano i coinquilini di Chico, il quale viveva in due stanzette all’ultimo piano, che non apriva mai al bel sole di Napoli. Il mago passava le sue giornate facendo cose misteriose, ciabattando di continuo tra la cucina e la stanza da letto. Più d’uno asseriva di averlo visto talvolta tutto bianco come un lenzuolo, con strani strumenti in mano, chi dinanzi ad una grande pentola in ebollizione. Altri, ancora, narravano d’averlo visto con le mani lorde di sangue fino al gomito.

Nel portone accanto al suo, anche lei all’ultimo piano, viveva Jovannella, giovane cuoca alla corte di re Ferdinando. Pettegola oltre ogni dire, la donna cercava da anni di scoprire a che cosa stesse armeggiando Chico. E un bel giorno, attraverso la fessura di una porta che non chiudeva bene, Jovannella riuscì a scoprire a che cosa servivano le erbe aromatiche e i pomodori che il fedele servo di Chico acquistava quotidianamente al mercato: per preparare una salsa da spargere su una pasta preparata in casa.

Detto fatto, Jovannella corse a corte e propose al primo cuoco del re di lasciarle preparare un piatto segreto. Certo è che a Napoli, comunque, i maccheroni erano un piatto già conosciuto nel Seicento, al tempo dei viceré spagnoli.

È semplice: far soffriggere la cipolla, tagliata fine, in un fondo d’olio insieme ai filetti di pomodoro (che vanno spellati, privati di seme e tagliati a liste sottili). Salare il tutto e scottare la polpa a fuoco vivo. Poi abbassare la fiamma e lasciar cuocere per 10 minuti, un quarto d’ora al massimo.

Cuocere la pasta in acqua salata. Il basilico può essere aggiunto nell’ultima fase di cottura del sugo o meglio crudo sulla pasta condita.

Alberto Sordi e il Cibo: Un Rapporto Indissolubile: Il rapporto tra Alberto Sordi e il cibo va oltre la scena degli spaghetti. In molti suoi film, il cibo è presente come elemento caratterizzante dei personaggi, come specchio delle loro abitudini, delle loro aspirazioni, delle loro frustrazioni. Sordi sapeva usare il cibo come strumento narrativo, come linguaggio universale capace di comunicare emozioni e significati profondi.

Il Cibo come Metafora: In alcuni film, il cibo diventa una vera e propria metafora. In Il Marchese del Grillo (1981), ad esempio, la scena del pranzo con i carbonari è un esempio di come il cibo possa essere usato per rappresentare le differenze sociali, le tensioni politiche e le ambizioni di potere. In Un Borghese Piccolo Piccolo (1977), il cibo diventa un simbolo della meschinità, della grettezza e della perdita di valori della piccola borghesia italiana.

Un'Analisi Psicologica: Da un punto di vista psicologico, la scena degli spaghetti può essere interpretata come un ritorno all'infanzia, un momento di regressione in cui Nando Moriconi si abbandona al piacere puro e incontaminato del cibo. La voracità con cui mangia gli spaghetti può essere vista come una forma di compensazione, un modo per sfogare le frustrazioni e le ansie che derivano dalla sua ossessione per l'America.

Un'Analisi Sociologica: Da un punto di vista sociologico, la scena degli spaghetti può essere interpretata come una critica alla società italiana del dopoguerra, una società divisa tra la tradizione e la modernità, tra l'amore per il proprio paese e l'attrazione per il modello americano. Nando Moriconi rappresenta questa contraddizione, questa difficoltà a trovare un'identità in un mondo in rapida trasformazione.

La Scena degli Spaghetti Oggi: Un'Icona Ancora Attuale: Anche oggi, la scena degli spaghetti continua ad essere un'icona attuale, un'immagine che evoca immediatamente l'Italia, la sua cultura, la sua storia. In un mondo globalizzato, in cui le identità nazionali tendono a svanire, la scena degli spaghetti ci ricorda l'importanza di preservare le nostre tradizioni, di valorizzare la nostra cultura, di essere orgogliosi di chi siamo.

Un Messaggio di Autenticità: La scena degli spaghetti ci lancia un messaggio di autenticità, un invito a non rinnegare le nostre origini, a non vergognarci della nostra cultura, a non imitare modelli che non ci appartengono. Ci invita a essere noi stessi, a valorizzare le nostre tradizioni, a essere orgogliosi di essere italiani.

Alberto Sordi: Un Genio Inimitabile: Alberto Sordi è stato un genio inimitabile, un attore capace di incarnare l'anima dell'Italia, con le sue contraddizioni, le sue debolezze, ma anche con la sua inesauribile vitalità. La scena degli spaghetti è solo uno dei tanti esempi del suo talento, della sua capacità di comunicare emozioni e significati profondi attraverso la sua arte.

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