Le insalate hanno una storia lunga e affascinante che si perde nei secoli. La classica insalata verde, condita con olio, aceto e sale, è presente nell’alimentazione dell’umanità fin dai tempi dei Greci e dei Romani.
Le Origini e l'Evoluzione dell'Insalata
Il piatto che conosciamo come insalata affonda le sue radici nell’antica Roma, dove era abitudine intingere la lattuga romana nel sale: “herbe salata” significava letteralmente “foglie salate”. Già a quell’epoca si discuteva di qual fosse il momento migliore per servire l’insalata, se all’inizio del pasto, oppure come ultima portata. Secondo Ippocrate e Galeno, l’insalata andava premiata perché migliorava la digestione ed era preferibile consumarla all’inizio del pasto.
Altri ritenevano che l’insalata dovesse rappresentare l’ultimo piatto da consumare a cena, addirittura prima di andare a dormire, per via delle sue proprietà rilassanti. Storicamente la lattuga ha avuto la reputazione di anti-afrodisiaco. John Evelyn, autore di “Acetaria: A Discourse of Sallets” (1699), sosteneva che le insalate verdi avessero un’influenza benefica sulla morale, sulla temperanza e sulla castità dei pensieri.
Il Seicento fu il secolo delle grandi insalate colorate, composte da un vero e proprio caleidoscopio di ingredienti. Furono numerosi i ricettari che spiegavano come preparare le insalate. I discorsi sulle insalate continuarono anche nell’Ottocento, con la pubblicazione di diversi manuali dedicati alla buona tavola e al gusto del tempo, come “The Physiology of Taste” (1825) di Jean Anthelme Brillat-Savarin.
Dal Novecento in poi, in particolare in Inghilterra, le insalate venivano considerate un piatto da ricchi e dovevano essere condite con la massima cura al momento di portarle in tavola. Aumenta però il numero delle persone che coltivano un orto e che possono avere a disposizione erbe aromatiche e ortaggi perfetti per preparare le insalate.
Nei ristoranti del mondo possiamo ormai trovare delle insalate da Chef, con abbinamenti che creano piatti colorati e il più delle volte salutari, quando non si esagera con i condimenti e si utilizzano ortaggi crudi di cui spesso la nostra dieta è carente.
Insalate dal Mondo: Un Mosaico di Sapori
In qualsiasi modo venga servita, un’insalata può raccontare molto di un luogo. Dalla Grecia al Messico, dall’Etiopia al Giappone, non si tratta solo di ingredienti (verdure, erbe, foglie) o condimenti e consistenze: spesso c’è una storia dietro la ricetta che evoca tempo, luogo e disponibilità di prodotti locali.
Ecco alcune delle insalate più iconiche da diverse parti del mondo:
- Panzanella (Toscana): Pane raffermo, pomodori, cetrioli, cipolla rossa, basilico, aceto e olio buono.
- Insalata Nizzarda (Costa Azzurra): Tonno, patate, uova sode, fagiolini, acciughe, olive, pomodori.
- Yusheng (Asia): Pesce crudo, verdure tagliate fine, spezie, semi, frutta candita, salse dolci.
- Salat Katzutz (Israele): Pomodori, cetrioli, limone, sale, olio.
- Chopped Salad (Messico): Jicama, cetriolo, arancia, ananas, cipolla, coriandolo, avocado, semi di zucca tostati.
- Pressgurka (Svezia): Cetriolo affettato fine, zucchero, aceto, pepe, aneto.
- Shopska (Bulgaria): Pomodori, cetrioli, peperoni, cipolla e Sirene.
- Horiatiki (Grecia): Pomodori, cetrioli, olive Kalamata, cipolla, peperoni, origano e una fetta intera di feta sopra.
- Pipirrana (Andalusia): Pomodori, cetrioli, peperoni e cipolla, condita con olio e aceto.
- Som Tam (Thailandia): Papaya verde, aglio, lime, chili, salsa di pesce, zucchero, pomodori, fagiolini e arachidi.
- Cobb Salad (Los Angeles): Lattuga, uova sode, pollo arrosto, bacon croccante, pomodori, avocado, erba cipollina e blue cheese.
- Tabbouleh (Libano): Prezzemolo, bulgur, pomodori, cipolla, menta, limone e olio d’oliva.
- Sunomono (Giappone): Cetriolo, aceto di riso, zucchero e salsa di soia.
- Kartoffelsalat (Germania): Patate, brodo, aceto, senape e olio.
- Gado-gado (Indonesia): Verdure cotte e crude, uova sode, tofu fritto, tempeh, patate, lontong, salsa di arachidi.
- Shirazi (Iran): Cetriolo, pomodoro, cipolla e verjuice.
- Olivier (Russia): Patate, carote, piselli, cetriolini, uova, carne, maionese.
- Waldorf Salad (New York): Mele, sedano, noci, uva e maionese.
- Caesar Salad (Messico): Lattuga romana, dressing con acciughe, aglio, senape, limone, olio d’oliva, parmigiano e uovo.
- Kachumbari (Africa Orientale): Pomodoro, cipolla, limone, chili, coriandolo fresco.
Ricette Speciali: Caponata e Insalata di Rinforzo
Oltre alle insalate più conosciute, esistono delle vere e proprie specialità regionali che meritano di essere scoperte:
La Caponata di Verdure
La caponata di verdure è un prodotto tipico della tradizione siciliana. Come spesso accade nei piatti della tradizione italiana, la caponata è una pietanza di origine povera. Nel 1700 il pesce capone infatti veniva servito nei pranzi dell’aristocrazia siciliana. La sua carne è pregiata ma decisamente asciutta, quindi per poterla gustare meglio veniva accompagnata da una salsina in agrodolce che ne esaltava le caratteristiche.
Nel 1839 il gastronomo Ippolito Cavalcanti nel suo libro La cucina teorico-pratica con corrispondente risposto riporta la ricetta della caponata a base di pesce: ricca e resa ancora più corposa dall’utilizzo di una specie di fresella (pane biscottato). Parlando di prodotti per caponata la caponata siciliana di Palermo è costituita da melanzane, salsa di pomodoro, olio, sale, aceto, olive verdi, cipolla, sedano, capperi e un pizzico di zucchero per combattere l’acidità.
Alcuni artigiani siciliani cucinano la caponata tradizionale, vendendola in forma di conserva sottolio: sull’e-commerce di Artigiano In Fiera abbiamo l’onore di avere una delle migliori caponate in Italia, insignita del premio Miglior Conserva di Italia nel 2009 al Salone Internazionale dei Sapori. Si tratta della versione di Fratelli Burgio, azienda familiare di Siracusa, composta da sette verdure tagliate a mano e cotte separatemente per bilanciare i sapori e creare un gusto omogeneno.
L’Insalata di Rinforzo
Dalla sera del 24 dicembre fino al nuovo anno, c’è una pietanza che non manca quasi mai sulle tavole campane. Tra candele accese e addobbi, tra uno “spaghetto a vongole” e le zeppole fritte, un’insalatiera colma fa capolino sulla tovaglia attirando i commensali con i suoi colori seducenti che ricordano un po’ la nostra bandiera. Bianco, rosso, verde. Non sarà mai la protagonista di cene e pranzi, ma a una cucchiaiata di questa pietanza non rinuncia nessuno.
L’insalata di rinforzo è un piatto natalizio della tradizione partenopea. È composto da una base di cavolfiori lessati a cui vengono aggiunti vari ingredienti come alici sotto sale, olive verdi o nere, papaccelle (tipologia di peperone dolce messo sotto aceto), sott’oli e giardiniera. Come spesso capita con le ricette della tradizione popolare, ogni casa ha la propria versione.
Ma questo piatto conserva pure una peculiarità condivisa: essere rinnovato e arricchito con altri ingredienti dal giorno della preparazione in poi (anche da qui può derivare il termine “di rinforzo”). È un’insalata che si assembla un giorno prima del consumo e dura in frigo almeno una settimana. È di sapore forte, completo e allo stesso tempo molto equilibrato: in bocca, infatti, il carattere dell’aceto bene si abbina alla leggera dolcezza del cavolfiore.
Il lavoro che fanno molti chef innamorati del proprio territorio è quello di reinterpretare e nobilitare piatti della tradizione popolare. Forse qualche tempo fa nessuno avrebbe immaginato l’insalata di rinforzo nella carta di un ristorante di alta cucina. E invece, sono diverse le sue interpretazioni gourmet.
Il Lampascione: Un Ingrediente Speciale della Puglia
Un altro ingrediente interessante e tipico di alcune regioni italiane è il lampascione. L’uso alimentare e curativo del lambascione è antico e le sue ottime proprietà erano conosciute dagli Egizi, dai Greci e da tutti gli altri popoli dell’area mediterranea dell’Asia minore.
De Salis Marschlins (1762-1818), naturalista svizzero, nel suo viaggio attraverso le province del Regno di Napoli, effettuato nel 1789, riferisce che il lambascione era presente sulle isole Cheradi e che l’uso di mangiarlo bollito in insalata era comune nella provincia di Taranto. Il lampascione ("M. comosum”) è inoltre segnalato in Italia da Aldrovandi (1551), lo stesso Mattioli (1554), Cesalpino (1563), Durante (1585), Castelli (1640) e Zannichelli (1726).
Per quanto riguarda fiere, sagre e feste popolari, ad Acaya, frazione di Vernole (LE), il primo venerdì di marzo si celebra la sagra del pampasciulu ed anche l’immagine della Madonna Addolorata diviene la “Madonna dei pampasciuni”. In questa circostanza è tradizione offrire i bulbi preparati in “cento” modi diversi. Ad Acaya questa statua dell’Addolorata, che si trova nella chiesa madre, è anche popolarmente nota come la “Madonna dei pampasciuni” (Congedo, 1980).
Inoltre, da tradizione, in alcuni paesi del Salento, il 19 marzo, nelle case le famiglie imbandiscono grandi tavolate in onore di S. Giuseppe dette le “Tavole di S. Giuseppe” e tra le diverse pietanze compaiono i lambascioni, preparati in diversi modi col significato simbolico e rituale di rappresentare il passaggio dall’inverno alla primavera.
Nel "Vocabolario botanico martinese" di Eugenio Selvaggi (1959) compare la voce "Vampascione o Pampascione", sinonimo di Moscaro, Moscarino, Cipollaccio e Giacinto col fiocco.
Come continua ad erudirci lo storico Pugliese, essendo molto versatile in cucina, si presta ad essere “elaborato” in svariati modi (si raccomanda di mangiarlo tutto, lasciando solo la spoglia): olio e sale (una volta cotto in acqua a fuoco lento), arrostito, al forno, o in modo ancora più prelibato, con il purè di fave bianche.
Infine, per poter apprezzare tutte le peculiarità del bulbo violaceo, bisogna non dimenticare, prima di condire e servire, di schiacciarli un po’ con una forchetta, cosicché il condimento, qualunque esso sia, possa penetrare all’interno del gustoso e pregiato ortaggio in modo da esaltarne le caratteristiche assolutamente uniche.
Ma, al contrario di quanto riportato da Bruni, il lambascione è utilizzabile in numerosissime pietanze che ancora oggi si preparano in tutta la Puglia. Oltre le pietanze riconosciute come P.A.T. di Puglia (lampascioni fritti, lampascioni in agro, lampascioni sotto la cenere) riportiamo di seguito gli 88 piatti a base di lambascioni raccolte da Bianco et al. (2009):
- A paté (Ostuni - BR).
- A polpette (Acaya).
- A rosa salati o dolci.
- A rosa senza pastella (Castellana Grotte, Putignano).
- Agnello coi lambascioni (Calabria e provincia di Bari).
- Agnello con i lambascioni alla sannita (Campania).
- Agnello con lambascioni e salsiccia (Basilicata).
- Agnello e lambascioni al forno.
- Testina di agnello, gnomerelli (involtini di frattaglie), patatine a spicchio e lambascioni.
- Ai capperi.
- Lambascioni al Purgatorio (Altamura e Gravina).
- Al forno (Puglia).
- Al guanciale (Basilicata).
- Al pomodoro.
- Al ragù (Lecce e provincia).
- All’aceto (Calabria).
- All’aquilana.
- Alla Alla murgiana.
- Alla pignatta.
- Alla pizzaiola.
- Allo strutto (Calabria).
- Anguilla con i lambascioni (Lesina).
- Arraganati o gratinati (Castellana Grotte).
- Arrostiti (Puglia).
- Arrostiti sulla brace (Apricena).
- Arrostiti sotto la cenere (Altamura, Lecce e provincia).
- Capretto al forno con patate e lambascioni (Puglia).
- Castrato al forno con i lambascioni (Cisternino).
- Coi fichi (Calabria).
- Con baccalà (Basilicata).
- Con bietola da orto e aceto (Acaya).
- Con funghi e patate (Molise).
- Con gli ossibuchi (Acaya).
- Con la carne di maiale (Lecce e provincia).
- Con le uova (Lecce e provincia).
- Con olio, sale e pepe, detto “alla minervinese” ma viene preparato in numerosi comuni della Puglia tra cui Mola.
- Confettura (Castellaneta).
- Coniglio e lambascioni al forno (provincia di Bari e di Lecce).
- Contorno.
- Crudi in insalata.
- Insalata di lambascioni con arancia e melagrana.
- Del pastore.
- Dorati e fritti (Volturara Appula, Carapelle, S. Ferdinando di Puglia, provincia di Bari).
- Petto di pollo con lambascioni e peperoni cruschi (Basilicata).
- Fave e lambascioni lessati (ncapriata a Martina Franca).
- Fave, lambascioni lessi e patate (Turi).
- Fave e lambascioni al forno.
- Frattaglie di agnello, patate e lambascioni (“u rutl” a Sannicandro Garganico).
- Frittata con lambascioni.
- Frittata con lambascioni crudi.
- Frittelle (Basilicata).
- Fritti (Castellana Grotte e Putignano).
- Fritti con pastella (Gravina).
- Fritti con pastella al vino.
- Grano con i lambascioni (Brindisi e provincia).
- In agrodolce (Altamura).
- In tortiera (San Severo).
- Insalata (Rodi Garganico).
- Insalata di riso con lambascioni.
- Salsiccia in pignata e lambascioni (S. Donato di Lecce).
- Lambascioni, bucatini e salsiccia.
- Lambascioni conditi (Altamura e Gravina).
- Lambascioni piccanti.
- Lessati.
- Marmellata.
- Marro o cibreo e lambascioni (Putignano).
- Mollicati.
- Salsa di lambascioni e aglio orsino.
- Soffritti (Lecce e provincia).
- Sottaceto.
- Sottolio.
- Sottolio alla calabrese.
- Sottolio caramellati.
- Spezzatino di capretto e lambascioni (Vieste).
- Stufati (Lecce e provincia).
- Teglia di agnello (o capretto) e lambascioni (Basilicata).
- Teglia di vitello e lambascioni.
- Testina, involtini di agnello e lambascioni.
- Tortelli di ricotta di pecora e lambascioni con ragù di coniglio.
- Tortino.
- Trifolati.
- Zuppa.
Concludiamo con una simpatica poesia, scritta da Giovanni De Nora di Altamura (Ba):
I lambasciùne
Mariaròse chi lambasciùne / Nan te lasse chiù nesciùne / Quante sobone pure cunzéte / cu séle e u paipe, appene scalléte, / chi paténe attúrneattúrne, / arraianéte e fatte o’ furne. / Ce li vué chiù prelebéte / la dafé fritte e ‘nduréte. / Quante te li mange come na wuotte / sinde la ventéca t’abbçte, / ce vive po a’u mìrre, sinte l’effétte: / te spére ‘nguérpe laschcuppétte!
I lambascioni
Mariarosa con i lambascioni / non ti lascia più nessuno /Quanto son buoni conditi / con il sale e con il pepe, appena less...