Una serata al sushi, spesso in formula "all you can eat" per contenere i costi, è diventata un appuntamento fisso per molti, anche settimanale. Amici si riuniscono attorno al tavolo, tra chi usa abilmente le bacchette e chi si affida alla forchetta, ordinando decine di roll, ognuno con il suo preferito.
Tuttavia, una preoccupazione comune riguarda i pericoli per la salute legati al consumo di pesce crudo, con il rischio di intossicazione alimentare sempre in agguato.
Rischi Microbiologici nel Sushi
Gli alimenti proposti dai ristoranti diffusi sul territorio italiano, così come il fatto in casa a base di prodotti del pescato, possono essere causa di malattie alimentari e non fanno eccezione i ristoranti giapponesi.
Sam Martin afferma: «I batteri più comuni associati al pesce crudo sono la Listeria monocytogenes, Vibrio e Salmonella. L'incidenza di questi batteri è legata meno alla specie e più all'acqua in cui ha vissuto il pesce e il modo in cui è stato processato e conservato dopo la cattura».
Si potrebbero chiedere informazioni al riguardo ai camerieri, ma difficilmente si riuscirà a ottenere una risposta soddisfacente, motivo per cui l'esperto consiglia come regola generale di tenersi alla larga dal salmone crudo che, rispetto ad altri pesci, comporta un rischio più alto di parassiti. Anche il tonno crudo potrebbe presentare rischi, ma meno rispetto al salmone.
Anche Sam Martin è d'accordo: «Cucinare il pesce è l'unico modo sicuro per ridurre la probabilità di contrarre malattie trasmesse dagli alimenti e causate da batteri, parassiti e virus. Il sushi con il gambero o il granchio (spesso surimi, un granchio finto fatto col merluzzo) è solitamente cotto. Si può anche optare per opzioni vegetariane con avocado, cetriolo, tofu e altro».
Anisakis: Un Rischio Concreto
Il consumo di pesce crudo, tipico di certe culture, è ormai diffuso e molto apprezzato. Esiste tuttavia il rischio che il pesce mangiato contenga anisakis, un verme le cui larve, nell’uomo, possono causare problemi anche molto gravi. Purtroppo tra gli ospiti occasionali delle larve di questi vermi c’è anche l’uomo, che può ingerirle consumando pesce crudo o poco cotto.
Il primo caso di anisakiasi fu descritto dal medico tedesco Leuckart nel 1876, in Groenlandia. Descrizioni più accurate risalgono agli anni 50 e 60 del secolo scorso, in corrispondenza di una vera e propria epidemie di akisakiasi in Olanda, dovuta al consumo di aringhe affumicate.
Dei 20.000 casi finora registrati oltre il 90% proviene dal Giappone, paese in cui è molto forte il consumo di pesce crudo, seguito da Spagna, Olanda e Germania.
Gli elminti del genere Anisakis sono parassiti di pesci e mammiferi marini. Tra i loro ospiti occasionali vi è l’uomo, che contrae la parassitosi consumando pesce crudo o poco cotto. In Italia, si registrano casi di anisakiasi dalla seconda metà degli anni ’90, per la maggior parte dovuti non al consumo di cibi provenienti dal sushi restaurant, ma dalle molto più tipiche alici marinate.
Oltre il 90% dei casi registrati di anisakiasi nel mondo proviene dal Giappone; altri paesi in cui la parassitosi è molto frequente sono Spagna, Germania e Olanda.
Sintomi dell'Anisakiasi
L’infestazione da anisakis causa sintomi gastrointestinali che possono essere associati con reazioni immunologiche, a volte molto gravi, e può manifestarsi con quattro diverse forme:
- Gastrica: Dolore addominale, nausea, vomito.
- Intestinale: Lesioni e ascessi che possono dar luogo a occlusione.
- Ectopica: Il parassita perfora la parete dello stomaco o dell’intestino e va a localizzarsi negli organi vicini.
- Gastroallergica: Orticaria, asma e anafilassi, non sempre accompagnate dai sintomi gastrointestinali.
I sintomi allergici si presentano in genere tra le 12 e le 24 ore dal consumo del pesce infestato e tendono a risolversi, nelle forme meno gravi, altrettanto rapidamente. Da sottolineare che numerosi studi hanno evidenziato che reazioni allergiche, anche estremamente severe, possono insorgere consumando prodotti che contengono parassiti morti o, addirittura, cibi che presentino soltanto gli antigeni di anisakis, ad esempio carne di polli allevati con farine di pesce contaminate dal nematode.
I sintomi dell’anisakiasi non sono specifici, per cui la diagnosi risulta spesso molto difficile.
Come Prevenire l'Anisakiasi
Non esistono trattamenti specifici per curare l’infestazione. Spesso è necessario rimuovere le larve utilizzando pinze endoscopiche. In Italia il numero dei casi rilevati è basso ma in crescita. La maggior parte dei casi registrati sono dovuti al consumo di alici marinate preparate in maniera non corretta, spesso con associata reazione gastroallergica.
I problemi più grandi con l’anisakis si hanno consumando pesce crudo o poco cotto.
- Marinatura: Il pesce viene marinato utilizzando soluzioni di acqua, sale e acido acetico o altri acidi organici.
- Congelamento: Il regolamento UE richiede che per l’eliminazione delle larve il pesce sia congelato a -20°C al cuore del prodotto per almeno 24 ore.
- Cottura: La devitalizzazione delle larve si ottiene portando ogni parte del pesce alla temperatura di 60°C per almeno un minuto.
- Affumicatura: Il trattamento di affumicatura a caldo, con temperature superiori a 60°C per almeno 3-8 ore, è efficace nell’eliminare le larve di anisakis.
Il congelamento è di gran lunga trattamento più efficace e andrebbe considerato anche prima di salagione e marinatura. Non c’è quindi necessità di rinunciare al gusto di certi piatti a base di pesce crudo o marinato; è sufficiente accertarsi che il pesce che si sta per consumare sia stato trattato in maniera efficace per poter consumare il nostro pasto in tutta tranquillità.
Ricordando tuttavia che Anisakis può provocare reazioni allergiche anche quando le larve siano state uccise o, in alcuni casi, quando non siano presenti, come avviene per altri importanti allergeni.
Contaminazioni Chimiche
Le contaminazioni chimiche, in particolare di metalli pesanti che si trovano soprattutto nei pesci di grossa taglia, non hanno risparmiato i nostri mari: i pesci che vivono e si nutrono in essi possono contenere sostanze chimiche che si accumulano nei loro tessuti e di lì passano nel corpo umano.
I più diffusi metalli pesanti presenti nel pesce sono il mercurio, il piombo e il cadmio, che possono poi sommarsi agli inquinanti organici persistenti, ossia prodotti chimici industriali tossici come i polifenoli bifenili e gli esteri polibromificati difenilici, che arrivano in mare dagli scarichi antropici oppure dai residui di combustioni dei motori marini, oltre ai diserbanti e pesticidi che vengono addotti in mare dai fiumi.
La cottura può essere efficace a ridurre l'esposizione a molti contaminanti, ma non tutti.
Altri Rischi Microbiologici
- Vibrioni: Se si consuma pesce e mitili crudi contaminati da vibrioni l’infezione provoca una sintomatologia di tipo gastroenterico più o meno grave.
- Listeria: Se si consuma pesce crudo contaminato da listeria può causare meningiti, infezioni polmonari e setticemia.
- Eschirichia coli: Provocano sindromi gastroenteriche con febbre.
- Salmonelle: Provocano per ingestione di pesce e conchiglie crude sindromi gastroenteriche associate a febbre.
- Virus epatite A: Infetta cefalopodi e molluschi. Attacca il fegato e provoca una sintomatologia di tipo influenzale.
- Norovirus: Sono responsabili della tipica sintomatologia gastrointestinale.
Sindrome Sgombroide
Viene definito "mal di sushi" ma, in realtà, spesso si ha a che fare con la sindrome sgombroide, fortunatamente in Italia ancora poco diffusa, si tratta di una patologia di origine alimentare causata dal consumo di prodotti ittici contaminati da batteri in assenza di alterazioni organolettiche, che non interessa solo il sushi. Infatti, non sono immuni da questa sindrome neanche i pesci cotti.
Nausea, mal di testa, diarrea, rossore della pelle su viso e collo, palpitazioni, tremori e nei casi più gravi anche edema della glottide con rischio di soffocamento. Ne può soffrire chi mangia tonno o altro pesce azzurro mal conservato, non solo sgombro come può erroneamente far pensare il nome.
L'inizio della sintomatologia è rapido, circa 20-30 minuti dall'assunzione dell'alimento.
Consigli per un Consumo Sicuro
- Assicurati di acquistare i pesci da fornitori di fiducia che hanno lavorato e conservato correttamente il pesce.
- Non mangiare pesce fresco crudo se non dopo esserti assicurato che sia stato abbattuto.
- Le persone con sistemi immunitari deboli (anziani, bambini piccoli, pazienti affetti da HIV…) sono più suscettibili alle infezioni. Questi gruppi ad alto rischio dovrebbero evitare il pesce crudo.
Pesce Crudo e Gravidanza
Il pesce crudo ha controindicazioni in gravidanza e non solo. Pertanto le raccomandazioni sono di evitarlo completamente per le donne in gravidanza in quanto potrebbe mettere seriamente a rischio la salute del nascituro, che non ha ancora le difese sistemiche né le capacità di assorbimento degli elementi nutritivi necessarie per processare tutti gli alimenti.
Come Riconoscere un Ristorante Sicuro
Quando ci si reca in un ristorante giapponese o di cucina asiatica in cui viene servito del pesce crudo, non è ovviamente possibile controllare i metodi di conservazione ed abbattimento in cucina, ma è bene osservare alcuni dettagli utili a valutare la sicurezza del pesce servito.
Le superfici di lavoro devono essere pulite e ordinate. Il pesce crudo deve apparire lucido, senza macchie o cromie insolite, inodore e compatto. Qualora si dovesse avvertire cattivo odore o si dovessero notare colori sospetti, meglio non consumare pesce crudo.
Tabella dei Rischi e delle Precauzioni
Rischio | Sintomi | Prevenzione |
---|---|---|
Anisakis | Nausea, vomito, dolori addominali, reazioni allergiche | Congelamento a -20°C per almeno 24 ore, cottura a 60°C per almeno 1 minuto |
Metalli Pesanti | Debolezza muscolare, difficoltà motoria, calo della vista | Consumo moderato di pesci di grossa taglia, evitare durante la gravidanza |
Vibrioni, Listeria, E. coli, Salmonelle, Virus Epatite A, Norovirus | Sintomi gastroenterici, febbre, infezioni | Corretta conservazione, cottura adeguata |
Sindrome Sgombroide | Nausea, mal di testa, diarrea, rossore della pelle, palpitazioni | Corretta conservazione del pesce azzurro |
Il pesce per cui riserviamo un consumo senza cottura dovrebbe essere congelato per 96 ore (almeno) a -15 °C, oppure per 24 ore (almeno) a -20 °C, o, 15 ore (almeno) a -35 °C - Decreto legge n°158 del 2012, convertito in legge n° 189 del 2012 articolo 8.L’Anisakis in Italia e la legge in vigore a tutela della salute.
Le donne in gravidanza, i bambini e coloro che son soggetti ad immunodeficienza anche farmacologica è bene che si astengano dal consumo di pesci crudi e poco cotti anche se vengono rispettate le precauzioni dettate dal trattamento termico dei prodotti ittici.
Il pesce rappresenta un alimento fondamentale per la nostra corretta alimentazione. È ricco di proteine ad alto valore biologico e di grassi polinsaturi (buoni), tra i quali gli omega 3, molto importanti per numerose funzioni del nostro organismo: diminuiscono il rischio cardiovascolare, contribuiscono allo sviluppo del sistema nervoso, alla trasmissione neuronale, a funzioni come la memoria e proteggono le cellule di tutti gli organi compresa la pelle.