La cucina nipponica è caratterizzata da una vasta gamma di piatti e tecniche di preparazione alquanto particolari. Cosa mangiare al ristorante giapponese? Ovviamente non parliamo solo di sushi e sashimi in pieno stile all you can eat, ma di veri e propri capisaldi della tradizione. Il tipico pasto domestico è solitamente composto da una scodella di riso bianco, zuppa di miso, verdure e un alimento proteico (pesce, carne o tofu), oltre a una piccola porzione di insalata.
In Italia esistono alcuni posticini che offrono esperienze culinarie autentiche, oltre i già noti izakaya, ramen house, sake e sushi bar, e i kaitenzushi, magari a conduzione familiare, e poco conosciuti, se non da veri intenditori.
Piatti speciali da mangiare al ristorante giapponese
Oltre al classico sushi, la cucina giapponese offre una varietà di piatti unici e deliziosi. Scopriamo insieme alcune specialità:
- Chawanmushi: Letteralmente, una zuppa solida di uova: in pratica, un budino salato di uova e bacche di ginnan (ginkgo biloba) servito di solito in piccole porzioni, come antipasto. Può essere arricchito con una varietà di ingredienti diversi: comuni sono le versioni con i funghi, con i gamberetti, con il surimi.
- Curry rice: Se pensate che il curry non sia un sapore tipico giapponese, commettete un grosso errore. La miscela di spezie è stata in effetti importata nel Paese del Sol Levante dagli inglesi, a metà del XIX secolo: ma da allora è stata fortemente adattata ai gusti locali. Oggi in Giappone il curry è un piatto casalingo, preparato di solito con riso e spezzatino di manzo o maiale, amatissimo dai bambini: non è piccante, ma leggermente speziato e dolciastro.
- Gyudon: È un donburi, cioè un piatto di riso sormontato da altri ingredienti: nel caso del gyudon, straccetti di manzo e cipolle. Il gyudon è diffusissimo e molto apprezzato in Giappone, grazie anche al ricco sapore donato dal dashi, un brodo a base di pesce utilizzato durante la preparazione della carne.
- Potato salad: L’insalata di patate giapponese sta alle insalate di patate come l’insalata russa sta alle insalate fresche. La potato salad è infatti preparata con patate bollite, schiacciate, mescolate con uova soda, carote, cipollotti, maionese Kewpie e altro ancora… l’aspetto può non essere dei più invitanti, ma il sapore è in genere apprezzato davvero da tutti.
- Shirako: Piatto delle feste, considerato prezioso e prelibato. Si tratta delle gonadi, cioè dei testicoli, di merluzzo, di pesce palla o di salmone: interiora estremamente tenere e candide, che possono essere consumate crude oppure fritte in tempura. Se temete che si tratti di un piatto troppo strano, ripensate all’ultima volta in cui avete apprezzato un piatto di spaghetti con la bottarga!
- Soba: Sono sempre nel menu, spesso proposti come alternativa agli udon nella preparazione del ramen, ma sembra che nessuno li scelga mai. I soba sono semplicemente spaghetti di grano saraceno: più sottili e saporiti degli udon, possono essere usati in loro sostituzione quasi in ogni ricetta. Se vi chiedete che sapore abbiano, pensate ai pizzoccheri o alla polenta taragna.
- Sukiyaki: È una zuppa della festa, particolarmente sostanziosa e per questo servita di solito nella stagione più fredda, intorno a capodanno. Il sukiyaki è preparato in un bassa pentola di ferro e comprende ingredienti come manzo wagyu, itokonnyaku (spaghetti di patata dolce), tofu, uova e verdure. Le varianti regionali sono moltissime: in alcuni casi la carne è grigliata, in altri cotta direttamente nel brodo.
- Tsukemono: Forse non ne conoscete il nome, ma sicuramente li avete incontrati: gli tsukemono sono verdure sottaceto, proposte come contorno di moltissimi piatti - sono praticamente sempre presenti nei bento acquistati in un qualsiasi kombini (negoziettto di alimentari) giapponese. Si preparano con cetrioli, daikon, carote, cavolo e tante altre verdure, oppure con lo zenzero: ed è in quest’ultima versione che gli tsukemono accompagnano spesso il sushi servito nei ristoranti italiani.
- Unagi-no-kabayaki: Kabayaki indica la cottura alla piastra, unagi è invece l’anguilla: si tratta quindi di anguilla alla piastra, preparata secondo la tradizione alla fine dell’estate e servita come donburi, insieme a una ciotola di riso. Il segreto è nella salsa all’anguilla con cui si insaporisce ulteriormente il pesce, già reso tenero e croccante dalla cottura sulla piastra.
- Yakitori: Gli spiedini di pollo alla giapponese stanno diventando pian piano popolari anche in Italia, dove a volte sono proposti come street food. L’importante è non limitarsi alla versione con il petto di pollo: gli yakitori si possono preparare letteralmente con ogni parte del pollo, dalle cosce alle interiora, dal cuore alla pelle.
- Yuba: Yuba, o pelle di tofu. Si ottiene facendo bollire il latte di soia: le proteine si condensano in superficie formando una pellicola dal sapore simile al tofu, che può essere utilizzata in molti modi diversi. Si usa ad esempio per la preparazione di ravioli e involtini oppure come sostituto della carne: il pollo di tofu è infatti composto da yuba assemblata in tocchetti e poi cotta sulla piastra.
Piatti comuni da mangiare al ristorante giapponese
Oltre alle specialità, ci sono alcuni piatti che si trovano comunemente nei ristoranti giapponesi:
- Gyoza: Insieme a sushi e ramen, i gyoza completano la triade dell’ordine perfetto quando si affronta la cucina giapponese per la prima volta. Si tratta di ravioli farciti con carne di maiale macinata, cipollotto, aglio, cavolo verza e zenzero ma possono anche essere trovati con un ripieno di gamberi o verdure. Cotti alla piastra o al vapore, sono sempre ottimi. Inoltre, sono semplicissimi da realizzare in casa.
- Katsui Tataki: La cucina giapponese è nota in tutto il mondo anche per i suoi effetti benefici sull’organismo. Basata per lo più su proteine e verdure, ha tra i suoi piatti principali alcuni manicaretti come il Katsui Tataki: un sashimi di tonnetto grigliato, appena scottato, e poi tagliato a fette. Viene guarnito con daikon, zenzero grattugiato, sesamo bianco e nero, foglie di shiso e cipollotto tritato, oltre alla salsa ponzu.
- Nigiri sushi: I nigiri, in Occidente, è la portata più nota della cucina giapponese. In genere, prevede una polpettina di riso su cui viene messo del pesce crudo: salmone, tonno, branzino, anguilla. Oppure un pezzo di omelette. Per prepararlo in modo che sia fedele alla tradizione, ci vogliono circa dieci anni di apprendistato.
- Onigiri: Diventato famoso grazie all’invasione dei cartoni animati giapponesi in Europa, è il sandwich giapponese che dà la possibilità di portare in giro un pasto completo. È fatto con una polpetta di riso triangolare farcita di pesce (crudo o cotto).
- Ramen: A base di spaghetti di frumento, originari della Cina e introdotti in Giappone all’inizio del XX secolo, serviti in un brodo a base di salsa di soia o di miso, il ramen è entrato nel nostro radar soprattutto grazie alla loro versione istantanea. Un ramen fatto bene, però, richiede attenzione e devozione durante la sua preparazione. Infatti, prima si cucina il brodo e poi la salsa tara. Infine, si cuociono i tagliolini. Nel piatto ci devono essere: il nori, un foglio di alga che dà un tocco iodato, il moyashi, i germogli di soia sbollentati, il menma, i germogli di bambù fermentati, il corn, i chicchi di mais cotti, il tamago, l’uovo alla goccia, il negi, il cipollotto tritato, lo chashu, la carne di maiale in salsa, e infine il naruto, il surimi giapponese. Ma le ricette sono personalizzabili e, in Giappone, cambiano a secondo della zona in cui viene ordinato.
- Tempura: Nonostante sia un piatto di origine portoghese poi portato in Giappone da alcuni missionari, la tempura non è altro che una frittura. Vari ingredienti in pastella vengono fritti e poi intinti in una salsa a base di soia e dashi. È ormai un grande classico della cucina giapponese, proposto in mille declinazioni. Tra le più famose c’è l’associazione con il brodo oppure in donburi, cioè su un letto di riso. In questi casi, a finire nella leggerissima e appetitosa pastella ci sono gamberetti, pesci, funghi shitake, patate dolci, zucca e peperoni.
- Wakame: Anche in un pasto tradizionale giapponese c’è spazio per l’insalata. Per prepararla, si usa l’alga wakame, un vegetale condito con aceto di riso, olio di sesamo, miso e salsa di soia. Dopo un secondo di pesce, è la risposta perfetta alla necessità di sgrassare il palato.
- Zuppa di miso: Contrariamente a ciò che si crede, la zuppa di miso non è un’entrée ma un brodo da bere dopo le portate principali o alla fine di un pasto. Il miso è una pasta fatta con semi di soia gialla giapponese, simile per consistenza al nostro purè, che ha un forte potere digestivo.
Dolci (Wagashi) da mangiare al ristorante giapponese
La cucina giapponese non è solo piatti salati, ma anche dolci deliziosi e particolari:
- Anmitsu: Si tratta di un dolce che può regalarci contemporaneamente sapori retrò ed esotici: la frutta a pezzi (di solito, ananas, pesca e ciliegie) è addensata con gelatina di agar agar e succo di mela, poi insaporita con composta di fagioli azuki.
- Anpan: Un delizioso dolcetto ripieno molto popolare, ideale per spuntini e merende col tè verde. Inventato alla fine dell’800 niente di meno che da un ex samurai, è un panino dolce riccamente farcito con pasta zuccherata di azuki o, più raramente, con sesamo o fagioli bianchi.
- Castella: L’universo delle sponge cake trova in Giappone la sintesi in questo dessert essenziale e saporito. La torta si presenta in forma rettangolare per 27 centimetri di lunghezza ed è preparata con farina, uova, zucchero, sciroppo di amido. Il nome svela l’origine: Castella deriva da Castiglia, pare infatti l’abbiano portata a Nagasaki i mercanti portoghesi, addirittura nel sedicesimo secolo.
- Chinsuko: Antichissimo biscottino di Okinawa, perfetto per accompagnare un buon tè fumante. L’impasto è a base di farina, zucchero e strutto (qualche volta sostituito con l’olio); dopo essere stato lavorato, viene cotto velocemente in forno. Le due varianti più note prevedono l’aggiunta di matcha o di semi di sesamo tostati.
- Dango: Sono gustosi spiedini dolci, in cui si infilano tre o quattro polpettine di riso glutinoso. Tutto sta a guarnirle nel modo giusto, a seconda delle ricorrenze: con semi di sesamo, farina di miglio, anko, con soia tostata, sciroppo di amido; il dango bocchan si presenta poi in tre colori, dovuti rispettivamente a fagioli rossi, uova, tè verde.
- Dorayaki: Semplice e gustoso, il dorayaki è forse tra i dolci giapponesi più rappresentativi: due soffici pancake racchiudono una farcitura di anko (la tradizionalissima pasta dolce ottenuta da fagioli azuki). La leggenda che ne è alla base richiama addirittura un samurai e il suo gong (pare che la forma debba ricordare proprio quello strumento); è dal 1914 che prevede due strati, grazie a una storica pasticceria di Tokyo.
- Green tea ice cream: Per chiudere con un dessert decisamente rinfrescante, dovete provare il gelato più diffuso in Giappone. La forma originaria doveva richiamare il Monte Fuji e costituiva un’elaborazione del ghiaccio tritato con tè matcha, noto in Asia praticamente da sempre. Nonostante figurasse tra le sofisticate portate dei menù regali del periodo Meiji, oggi è commercializzato in coloratissime versioni confezionate.
- Manju: Unione di tecniche giapponesi e ricette cinesi, il manju prevede un ripieno di anko avvolto da polvere di riso e grano saraceno. Tali polpettine devono essere bollite. Esistono anche versioni all’arancia, al tè verde, allo sciroppo d’acero.
- Melonpan: Paninetto tipico del Giappone, è arrivato a conquistare la Cina e persino varie regioni dell’America latina. L’impasto di acqua e farina è rafforzato da uno strato superiore di pasta biscotto. Per giustificare il nome (probabilmente in origine richiamava la forma) spesso ci si aggiunge aroma di melone. I più ghiotti pretendono anche qualche goccia di cioccolato.
- Mochi: L’usanza era quella di mangiare i mochi durante il Capodanno, ma da decenni ormai sono diffusi in ogni stagione. Il riso bollito deve essere pestato nel mortaio e poi modellato in graziose polpettine. Per le guarnizioni, esistono decine di varianti; tra le più note: botamochi con pasta di fagioli rossi, sakuramochi con foglie di ciliegio marinate. Per una versione particolarmente ricca, si ricorre al daifuku: ripieno di anko è poi guarnito con frutta a pezzi, amido di mais, zucchero a velo.
- Rakugan: Tra i dolci nipponici più scenografici, i ragukan si ottengono grazie a stampi appositi, di solito a forma di fiori e piante. L’impasto è composto da riso glutinoso, acqua e zucchero, a cui si aggiungono molti coloranti.
- Sata andagi: Se avete paura che i Giapponesi non friggano, consolatevi con questa sfiziosa ricetta. Farina, zucchero e uova si modellano a forma di palla e si calano nell’olio bollente; a Okinawa, terra d’origine, si tramandano le tecniche per ottenerle sempre croccanti all’esterno e soffici nel cuore.
- Uiro: Prende il nome da un farmaco e ricorda una saponetta; nonostante questo, va provato: la farina di riso glutinoso va mescolata con lo zucchero e cotta al vapore, fino a ottenere un amalgama morbido e soffice. Ogni porzione va poi aromatizzata: si può scegliere tra castagna, fragola, tè verde, fagioli azuki.
- Warabimochi: Consumato soprattutto d’estate, è una sorta di mochi in cui il riso è sostituito da amido e pasta di soia tostata. Può assumere le forme di grossi cubotti o polpettine morbide e si guarnisce secondo i gusti, con matcha, sesamo e sciroppi.
- Yatsuhashi: È il dessert che dovete comprare per avere un ricordo dolce di Kyoto; è una sorta di sfoglia croccante ottenuta passando in forno farina di riso glutinoso, zucchero e cannella. Si possono anche trovare i nama yatsuhashi: ravioletti dolci che prevedono lo stesso impasto, ma sono poi farciti.
Sushi cotto: un'alternativa gustosa e sicura
Il sushi cotto è una delle numerose varianti di questo piatto tipico della cucina giapponese. Nonostante il sushi tradizionale sia preparato con pesce crudo, la versione cotta è molto apprezzata, soprattutto da chi non ama o non può consumare pesce crudo. Il sushi cotto offre infatti un’alternativa gustosa e sicura, mantenendo al tempo stesso la caratteristica presentazione del sushi.
Il sushi cotto è una versione del sushi in cui il pesce, anziché essere servito crudo, viene cotto. Questo può avvenire in diversi modi: grigliando, bollendo, al vapore o fritto. La scelta del metodo di cottura dipende dal tipo di pesce utilizzato e dalle preferenze del cuoco. Il sushi cotto può essere servito in diverse forme: nigiri, maki, temaki, uramaki, sashimi, chirashi, oshi, inari, futomaki.
Esistono diverse tipologie di sushi cotto. Tra le più comuni troviamo il sushi cotto con gamberi, il sushi cotto con anguilla, il sushi cotto con polpo e il sushi cotto con capesante. Ogni tipo di sushi cotto ha le sue caratteristiche specifiche in termini di sapore e consistenza. Il sushi cotto con gamberi, ad esempio, è molto popolare per il suo sapore dolce e la sua consistenza croccante.
La preparazione del sushi cotto prevede l’uso di ingredienti freschi e di alta qualità. Oltre al pesce cotto, gli ingredienti principali sono il riso per sushi, l’aceto di riso, lo zucchero, il sale, l’alga nori e vari condimenti come la salsa di soia, il wasabi e lo zenzero sottaceto. La preparazione del sushi cotto richiede una certa abilità e precisione, soprattutto per quanto riguarda la cottura del pesce e la preparazione del riso.
Riconoscere un sushi cotto di qualità non è sempre facile, ma ci sono alcuni segni che possono aiutare. Il pesce deve essere fresco e cotto alla perfezione, senza essere né troppo secco né troppo umido. Il riso deve essere morbido e leggermente appiccicoso, senza essere troppo duro o troppo molle.
In conclusione, il sushi cotto è una variante del sushi molto apprezzata, sia in Giappone che nel resto del mondo. Nonostante non sia tradizionale come il sushi con pesce crudo, il sushi cotto ha conquistato un posto di rilievo nella cucina giapponese, grazie alla sua versatilità e al suo sapore unico.
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Sicurezza alimentare: sushi e gravidanza
Negli ultimi anni la passione per il sushi, cibo giapponese per antonomasia, è esplosa anche nel nostro Paese e i ristoranti che lo propongono si moltiplicano. Ma come ci si deve comportare con il sushi in gravidanza? Si può mangiare tranquillamente oppure deve essere considerato uno dei tanti alimenti vietati col pancione? Vediamo di approfondire un po’ la questione.
Il pesce è uno dei capisaldi della dieta mediterranea e non dovrebbe mai mancare sulle nostre tavole, soprattutto quando si aspetta un bambino. In primo luogo perché è fonte di proteine “nobili”, quelle ad alto valore nutrizionale, fondamentali in qualsiasi periodo della gestazione. L’apporto di proteine dovrebbe essere incrementato di un grammo al giorno nel primo trimestre, 8 nel secondo e ben 26 nel terzo (fonte: LARN). Un altro indiscutibile valore dei prodotti ittici è che contengono quantità elevate di acidi grassi polinsaturi (più noti come Omega-3 e Omega-6) che, tra i vari effetti positivi, prevengono le malattie infiammatorie e cardiovascolari e favoriscono la crescita cerebrale. Tra gli Omega-3 un grasso particolarmente benefico è il DHA, che svolge un ruolo primario per lo sviluppo della retina e del sistema nervoso. Il pesce ne è ricco, specialmente quello azzurro.
L’ideale sarebbe consumare pesce 2-3 volte a settimana, in porzioni comprese tra 150 e 200 grammi o comunque secondo le istruzioni del proprio medico o del nutrizionista, se si viene seguite anche da questo specialista. Le tipologie da preferire sono quello azzurro (sarde, alici, sgombri, aringhe, acciughe) e quello bianco (orata, spigola, merluzzo, nasello, sogliola, platessa). Va limitato invece il consumo di pesci grandi (tonno, pesce spada) per l’alto contenuto di mercurio. Ecco perché non si deve esagerare nemmeno con il tonno in scatola in gravidanza.
Possiamo concederci una cenetta a base di pesce crudo in gravidanza o è consigliabile aspettare di aver partorito? Partiamo dal presupposto che su questo come su altri argomenti i ginecologi si dividono in due grandi categorie: ci sono quelli più rigidi che lo vietano categoricamente e altri invece più permissivi che, seguendo alcune precise indicazioni, lo consentono. Affidatevi al vostro. Il problema principale del sushi (sia in gravidanza che in generale) è il fatto che il pesce è crudo e, proprio per questo motivo, potrebbe nascondere qualche insidia che vedremo tra poco. La cottura è sempre il metodo migliore per distruggere eventuali agenti patogeni (virus e batteri in primis) che potrebbero annidarsi nella carne del pesce e provocare tossinfezioni anche serie. Bisogna ricordare sempre che il sistema immunitario di una donna incinta è più vulnerabile e delicato ed è necessario prendere tutte le precauzioni possibili.
Inoltre, un aspetto non secondario è quello della preparazione, della conservazione e dell’eventuale possibilità di cross-contaminazioni tra alimenti diversi. L’igiene in cucina deve essere sempre rigorosissima.
L’abbattimento del pesce è la prima essenziale cosa da fare per rendere il pesce più sicuro. Lo dice chiaramente anche il ministero della Salute che, già da qualche anno, ha imposto ai venditori di esporre un cartello in cui si dice che, per poter essere consumato crudo, marinato o poco cotto, il pesce va congelato per almeno 96 ore a -18°C nel freezer di casa. In alternativa, può essere collocato in un abbattitore (un congelatore professionale) per almeno 24 ore a -20°C.
Ma le accortezze vanno anche oltre. Per esempio, il pesce per preparare il sushi andrebbe scongelato in frigorifero, in maniera graduale. Il pesce tolto dal freezer va consumato in giornata e gli eventuali avanzi non si conservano. Il sushi “casalingo” è meno rischioso, rispetto a quello mangiato fuori, perché è chiaro che viene seguita qualsiasi regola, sia di preparazione (abbattimento, lavaggio accurato dei vegetali…) che di igiene (lavarsi molto bene le mani, pulire le superfici e gli utensili utilizzati…).
Se però il ginecologo dà il via libera al sushi in gravidanza, scegliete locali rinomati per la loro qualità: meglio spendere qualcosa in più, ma stare tranquille, piuttosto che risparmiare (avete presente gli “all you can eat”? Lasciate perdere) e beccarsi qualche mal di pancia.
Rischi del sushi in gravidanza
Anche in questo caso, il ministero della Salute ha messo nero su bianco i pericoli e le raccomandazioni per il consumo di pesce:
- Pesce crudo, poco cotto, marinato: potenziale veicolo di Listeria monocytogenes e, se non adeguatamente congelato, Anisakis. Consumare dopo accurata cottura.
- Frutti di mare crudi: potenziale veicolo di Salmonella, virus dell’Epatite A e Norovirus. Consumare dopo accurata cottura.
- Prodotti pronti per il consumo a base di pesce affumicato: potenziale veicolo di Listeria monocytogenes. Preferibile non consumarli.
Stando a queste precise avvertenze del ministero, si evince che il consumo di sushi in gravidanza non è consigliato. I rischi maggiori sono:
- Salmonella: batterio responsabile della salmonellosi, una delle infezioni gastrointestinali più comuni.
- Listeria monocytogenes: anche questo è un batterio, estremamente diffuso nel terreno e nell’acqua.
- Epatite A: è un virus che può essere davvero molto insidioso. Esistono forme di epatite A fulminanti, rapidamente fatali.
- Anisakis: è un parassita le cui larve si trovano in diversi pesci. L’infezione è molto diffusa in Giappone, non a caso il Paese con il consumo maggiore di sushi.
- Norovirus: virus che rientra tra gli agenti più diffusi di gastroenteriti acute non batteriche.
Ovviamente si tratta di pericoli che riguardano chiunque mangi pesce crudo, ma come abbiamo già avuto modo di sottolineare le donne in gravidanza devono essere ancora più attente. I sintomi potrebbero essere più forti e soprattutto avere ripercussioni - anche gravi - sul feto. Se dopo aver mangiato sushi compare qualche disturbo, è opportuno contattare il proprio ginecologo.
Toxoplasmosi e sushi
No, la toxoplasmosi non si prende con il sushi in gravidanza. Sappiamo che questa infezione, trasmessa dal protozoo Toxoplasma gondii, è il “nemico numero 1” di ogni gestante, ma nel caso del pesce crudo potete rincuorarvi. I principali veicoli di trasmissione della toxoplasmosi sono carni crude o poco cotte (compresi i salumi) oppure frutta e verdura non lavate. Per quanto riguarda il pesce, via libera senza paura.
Sushi cotto in gravidanza: la soluzione ideale
Eccola la soluzione ideale per deliziarsi con il sushi in gravidanza senza il minimo timore per la mamma e il bambino: scegliere sushi cotto! Certo è un po’ un “ripiego”, visto che il sushi per eccellenza è a base di pesce crudo. Ma è il modo migliore se non si vuole correre neanche un piccolissimo rischio.
A livello nutrizionale, il sushi sarebbe perfetto perché il pesce crudo mantiene inalterate alcune caratteristiche di questo alimento. La cottura fa disperdere la maggior parte delle proprietà dei cibi: nel caso del pesce questo avviene per esempio con gli Omega-3, i famosi acidi grassi polinsaturi che fanno così bene alla salute.
Il sushi cotto in gravidanza però toglie ogni dubbio. I ristoranti offrono sempre qualche piatto cotto. Non è decisamente il caso di sashimi e nigiri, veri e propri “trionfi” del crudo. Esistono invece le versioni cotte di hosomaki e uramaki, mentre i futomaki sono sempre impanati e fritti.