Aprire una Confetteria: Requisiti e Costi

I negozi di bomboniere appaiono come luoghi incantati, ricchi di articoli curiosi e sfavillanti, un po’ per tutti i gusti. Nonostante la crisi i prodotti destinati ai matrimoni e alle cerimonie vengono acquistati, perché è una tradizione, perché è utile, perché piace. Aprire un negozio di bomboniere risulta essere una buona idea imprenditoriale, ma bisogna avere capacità nelle relazioni interpersonali e nella vendita.

Il reddito è assicurato, ma per ottenere successo si deve innovare, creare proposte alternative alla concorrenza e lavorare sull’offerta di servizi personalizzati. Un punto vendita di questo tipo deve contenere una vasta gamma di articoli, dai cofanetti con colori tenui ai pizzi e ai ricami che compongono sacchetti e piccoli contenitori in vari materiali. Le occasioni per usare le bomboniere non mancano: battesimi, cresime, comunioni e matrimoni.

Sono momenti particolari nella vita delle persone e vissuti dalla maggior parte degli abitanti del territorio, si potrebbe dire quasi tutti, quindi si ha l’opportunità di contare su un vasto numero di potenziali clienti. Volendo si abbina la vendita della bomboniera all’articolo da regalo, così da ampliare il bacino degli acquirenti e avere maggiori possibilità di fidelizzare la clientela. Per prendere una decisione in modo consapevole è bene conoscere gli adempimenti previsti dalle norme vigenti e considerare le diverse opzioni a disposizione per poter aprire un negozio di bomboniere nel modo giusto, soprattutto improntato al successo.

Requisiti Necessari per l'Apertura

L’aspetto meno conosciuto e forse più importante circa i requisiti contenuti nelle leggi di riferimento riguarda la necessità, per il titolare e per chi opera nel negozio, di seguire un corso di formazione professionale per alimentaristi. Questo elemento è dovuto alla presenza di confetti all’interno delle bomboniere. L’offerta degli enti formativi permette di individuare il percorso ideale, ma solitamente ci si può iscrivere ai corsi all’Associazione Commercianti.

Oltre a frequentare le lezioni di teoria, è necessario superare l’esame finale e ottenere così il certificato, senza il quale non è possibile vendere i confetti e quindi esercitare la professione. Il costo è di poche decine di euro, ma la durata dell’attestato è pluriennale. Una volta ricevuto il documento si può procedere.

Adempimenti Burocratici

Per aprire un negozio di bomboniere è necessario inoltre provvedere a presentare al Comune in cui insiste l’attività commerciale, una dichiarazione in cui si comunica l’inizio del commercio. L’ufficio competente prenderà atto e trasmetterà gli atti all’Azienda Sanitaria Locale e ai Vigili del Fuoco per le ispezioni di rito al fine di verificare il rispetto delle norme di igiene e sicurezza. Se tutto è in ordine, gli incaricati rilasceranno le previste autorizzazioni. Per ogni delucidazione e per avere i suggerimenti sulle strade da seguire e sul regime fiscali a cui si deve far fronte, è bene chiedere consiglio al commercialista.

GUIDA COMPLETA ai confetti per un confezionamento bomboniera perfetto e professionale

Scelta della Location e Logistica

La logistica ha la sua importanza, soprattutto quando si tratta di decidere dove collocare il punto vendita. La zona in cui si trova il negozio costituisce un fattore fondamentale per il successo dell’attività. Ciò non significa che si debba aprire un negozio di bomboniere in centro, bensì trovare una location adatta, secondo alcuni criteri volti a soddisfare la clientela.

La scelta della bomboniera richiede tempo, quindi bisogna fermarsi all’interno del punto vendita per un certo tempo, quindi devono lasciare la vettura senza rischiare di trovare contravvenzioni. L’area deve essere di passaggio, così da far notare il negozio e avere un certo numero di persone interessate. Ci deve inoltre essere abbastanza spazio per posizionare gli espositori, consentire agli acquirenti di muoversi liberamente e quindi avere un magazzino per conservare le scorte, specialmente i prodotti ordinati per i clienti e una zona destinata alla conservazione dei confetti, da inserire poi nei diversi oggetti.

La vetrina non deve mancare e deve essere allestita con una certa frequenza, così da risultare attraente agli occhi dei potenziali acquirenti. Non va dimenticato, però, che la maggior parte delle persone che cerca una bomboniera inizia a visionare i prodotti online. Proprio per questo il negozio va necessariamente abbinato al marketing. Aprire un negozio di bomboniere vuol dire essere presenti online e offline. Non basta una bella insegna o qualche volantino, bisogna saper intercettare la clientela usando più canali e il web è uno dei più importanti.

Investimento Iniziale e Franchising

Calcolare l’investimento iniziale non è semplice perché dipende da un caso all’altro, ma bisogna mettere in conto l’affitto oppure l’acquisto del negozio, la merce da comprare, l’allestimento del punto vendita, uno o più eventuali collaboratori, le utenze, la pubblicità e le imposte. Un modo per avere un aiuto iniziale è il franchising. Ci si può affiliare a un brand conosciuto, sfruttando la conoscenza del marchio e avendo a disposizione un supporto amministrativo, nonché la formazione iniziale.

Ogni accordo con il franchisor è disciplinato da un contratto, che è meglio esaminare insieme al commercialista, così da avere l’opinione del professionista sulla convenienza o meno ed essere supportati dall’esperto nelle scelte da operare. Aprire un negozio di bomboniere può richiedere un investimento iniziale compreso tra i 5 mila e i 50 mila euro, a seconda dello spazio e della merce soprattutto.

Si deve essere pronti, anche economicamente, ad affrontare le difficoltà e le sfide, soprattutto perché in fase iniziale l’obiettivo è la conquista dei clienti, quindi si deve essere attrattivi e ben forniti, proprio per intercettare i diversi gusti delle persone e fornire servizi personalizzati per battere la concorrenza.

Esempio di Franchising: Candyness

Nato a Brescia nel lontano 2016, Candyness Franchising rappresenta una vera e propria evoluzione nel mondo delle caramelle e dei dolciumi. Grazie a un numero contenuto di referenze, le operazioni di riordino e la gestione del magazzino sono estremamente semplificate. L’offerta di Candyness Franchising non si limita alla quantità, ma punta soprattutto sulla qualità e varietà. Con oltre 120 gusti diversi, l’obiettivo è di soddisfare ogni singolo palato, garantendo sempre novità e freschezza.

Ma la vera essenza di Candyness va oltre il prodotto: è un vero e proprio concetto, un’emozione. Rappresenta quel piccolo momento di felicità e dolcezza che ognuno di noi desidera concedersi o regalare. Una delle grandi opportunità offerte da Candyness ai suoi affiliati è la proposta di un servizio “chiavi in mano”. Candyness ha identificato le location ideali per i suoi negozi. La metratura standard per un negozio franchising Candyness dovrebbe variare dai 18 ai 30 mq. Il layout del punto vendita di Candyness è stato progettato per essere allo stesso tempo pratico e accogliente.

Consigli Utili per l'Avvio di un'Attività

1. Per avviare un’attività in Italia è necessario seguire un percorso preciso che parte dalla definizione dell’idea imprenditoriale fino alla gestione degli adempimenti burocratici. È fondamentale valutare attentamente il proprio progetto d’impresa, analizzare il mercato e redigere un business plan che tenga conto di investimenti, costi, ricavi attesi e obiettivi. Dopo questa fase iniziale, si passa alla scelta della forma giuridica più idonea (come ditta individuale, SRL o SRLS) e all’apertura della partita IVA. Vanno poi completate l’iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, la comunicazione di inizio attività (SCIA) al Comune e la registrazione presso INPS e, se necessario, INAIL.

2. Le forme giuridiche disponibili per chi vuole avviare una nuova attività in Italia sono molteplici, ma le più comuni sono la ditta individuale, la società a responsabilità limitata (SRL) e la società a responsabilità limitata semplificata (SRLS). La scelta della forma giuridica più adatta dipende da vari fattori, come la quantità di capitale iniziale disponibile, il grado di responsabilità personale che si è disposti ad assumere, le prospettive di crescita dell’attività, le esigenze fiscali e il numero di soci coinvolti.

3. Sì, è assolutamente possibile iniziare un’attività anche con un budget ridotto, purché si scelga un modello di business compatibile con un investimento iniziale contenuto. Alcuni esempi includono le attività online, le professioni freelance o i servizi di consulenza, dove spesso non è necessario disporre di un ufficio fisico o di costose attrezzature. Inoltre, esistono diversi strumenti a supporto degli aspiranti imprenditori, come agevolazioni fiscali, bandi pubblici e contributi a fondo perduto, rivolti in particolare a giovani, donne e start-up innovative.

4. Trovare un’idea imprenditoriale valida non significa solo cercare qualcosa di innovativo, ma soprattutto qualcosa che rispecchi le proprie capacità, passioni ed esperienze pregresse. È utile partire da un’autoanalisi: quali problemi ti piacerebbe risolvere? In quali ambiti ti senti competente? A partire da queste domande si può costruire un’idea che sia non solo originale, ma anche fattibile e coerente con il proprio profilo personale e professionale. Contestualmente, è essenziale osservare il mercato: capire quali bisogni non sono ancora stati soddisfatti, quali servizi mancano in una certa area geografica, o quali tendenze stanno emergendo a livello nazionale e globale.

5. Affidarsi a un commercialista esperto fin dall’inizio del percorso imprenditoriale rappresenta una scelta strategica per evitare errori e ottimizzare ogni fase dell’avvio dell’attività. Il commercialista può guidare l’imprenditore nella scelta della forma giuridica più adatta, fornendo una valutazione personalizzata sulla base di esigenze fiscali, patrimoniali e operative. Inoltre, è in grado di occuparsi di tutte le pratiche burocratiche necessarie, come apertura della partita IVA, iscrizioni agli enti previdenziali e comunicazioni agli enti pubblici.

6. Avviare un’attività comporta inevitabilmente una serie di difficoltà, soprattutto per chi si affaccia per la prima volta al mondo imprenditoriale. Tra gli ostacoli più comuni vi sono la burocrazia complessa, che può risultare difficile da gestire senza il supporto di un professionista, e la mancanza di esperienza gestionale, che può portare a sottovalutare costi o tempistiche. Anche la scarsa conoscenza del mercato di riferimento o l’assenza di una pianificazione finanziaria solida sono criticità frequenti che rischiano di compromettere la sostenibilità del progetto. Altre difficoltà possono riguardare la scelta del regime fiscale più conveniente, la gestione della contabilità, o il reperimento delle risorse economiche per l’investimento iniziale.

7. Per valutare la validità di un’idea imprenditoriale è necessario affrontare un’analisi approfondita sotto diversi punti di vista. Bisogna verificare se esiste una reale domanda per il prodotto o servizio offerto, definire con precisione il target di clientela, studiare la concorrenza e valutare il posizionamento di mercato. È importante anche stimare i costi di avviamento e gestione, e ipotizzare i ricavi potenziali in modo realistico. Strumenti come il business plan, l’analisi SWOT e la definizione del valore aggiunto dell’offerta sono fondamentali per ottenere una visione d’insieme e prendere decisioni consapevoli.

8. Pur non essendo sempre obbligatorio, affidarsi a un esperto per gestire la burocrazia all’avvio di un’attività è fortemente consigliato. Gli adempimenti iniziali - come l’apertura della partita IVA, l’iscrizione al Registro delle Imprese, la comunicazione al Comune (SCIA), l’iscrizione all’INPS e, se previsto, all’INAIL - richiedono precisione, tempi stretti e conoscenze tecniche. Un errore o un ritardo può comportare sanzioni o ritardi nell’inizio dell’attività. Un professionista, come un commercialista o un consulente d’impresa, conosce le procedure, i documenti richiesti e le eventuali esenzioni o agevolazioni disponibili, rendendo l’intero processo molto più fluido e sicuro.

Etichettatura Alimentare: Guida Essenziale

In questa guida sull’etichettatura alimentare troverai consigli utili su come creare l’etichetta di un prodotto alimentare a norma di legge secondo le disposizioni del regolamento UE 1169/2011 che, ricordiamo, si applica ai prodotti alimentari preimballati così definiti all’ articolo 2 del suddetto regolamento:

“ Il prodotto alimentare preimballato è l’unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore finale e alle collettività, costituita da un alimento e dall’ imballaggio in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo tale che il contenuto non possa essere alterato senza aprire o cambiare l’imballaggio; gli alimenti preimballati NON COMPRENDONO gli alimenti imballati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta”.

Sono sicuro che dopo aver letto questa guida avrai le idee molto più chiare su come approntare l’ etichetta a norma. Vediamo, ora, come creare correttamente l’ etichetta dei prodotti alimentari preconfezionati; approfondiamo, dunque, gli articoli salienti del Regolamento UE 1169/2011.

Pratiche Leali di Informazione (Articolo 7)

Questo articolo si compone di 4 paragrafi, che andiamo ad esaminare, vediamo cosa dice:

Paragrafo 1

Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:

  • a) per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;

Vale a dire che le informazioni riportate in etichetta devono essere veritiere.

  • b) attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;

Poteva capitare di incorrere in prodotti alimentari sulle cui etichette venivano riportate frasi tipo: “facilita la digestione”, ” non fa ingrassare”, “elisir di lunga vita”, ecc. senza che ci fosse nessun riscontro scientifico a supporto di quanto dichiarato.

Fortunatamente, grazie all’ entrata in vigore delle norme sull’ etichettatura e non da ultimo il regolamento UE 1169/2011, è diventato sempre più raro leggere informazioni salutistiche fasulle.

  • c) suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;

Questo è un classico; a me, ad esempio, è capitato di leggere su etichette di prodotti costituiti esclusivamente da ingredienti vegetali , la dicitura “senza colesterolo” ; sappiamo benissimo che il colesterolo si trova solo negli alimenti di origine animale, non c’è bisogno che venga riportato in etichetta.

Si tratta di una pratica eticamente scorretta tendente a far credere al consumatore che il proprio prodotto è migliore di prodotti analoghi quando invece ciò non è vero.

  • d) suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente.

Ad esempio, sostituisco il burro di cacao con un altro grasso vegetale al cioccolato (ottengo un prodotto che si può definire surrogato di cioccolato) e dichiaro che si tratta di cioccolato oppure inserisco nella grafica l’ immagine della fava di cacao.

Paragrafo 2

Le informazioni sugli alimenti sono precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore.

Ad esempio, io, imprenditore, volutamente utilizzo dei termini o dei sinonimi per confondere il consumatore oppure riporto con caratteri piccoli e difficilmente leggibili, oppure su sfondo che fa poco contrasto, delle informazioni che non gradisco siano lette.

Paragrafo 3

Fatte salve le deroghe previste dalla legislazione dell’Unione in materia di acque minerali naturali e alimenti destinati a un particolare utilizzo nutrizionale, le informazioni sugli alimenti non attribuiscono a tali prodotti la proprietà di prevenire, trattare o guarire una malattia umana, né fanno riferimento a tali proprietà.

E’ chiaro il senso di questo paragrafo, non c’è neanche bisogno di commentarlo.

Paragrafo 4

I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano anche:

  • a) alla pubblicità;
  • b) alla presentazione degli alimenti, in particolare forma, aspetto o imballaggio, materiale d’imballaggio utilizzato, modo in cui sono disposti o contesto nel quale sono esposti.

Indicazioni Obbligatorie in Etichetta (Articolo 9)

Le indicazioni da riportare obbligatoriamente in etichetta sono:

  • la denominazione commerciale del prodotto;
  • l’elenco (in ordine decrescente) degli ingredienti;
  • la presenza, nell’ alimento, di ingredienti o coadiuvanti tecnologici che provocano allergie o intolleranze alimentari (sono 14 classi di sostanze allergeniche, elencate nell’ Allegato II del regolamento UE 1169/2011);
  • le quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
  • la quantità netta dell’alimento;
  • il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
  • le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego (sia prima dell’ apertura della confezione che dopo, se necessario);
  • il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare come definito all’articolo 8, paragrafo 1;
  • il paese d’origine o il luogo di provenienza, ove previsto;
  • le istruzioni per l’uso, nei casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
  • per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
  • la dichiarazione nutrizionale;

N.B. Il regolamento UE 1169/2011 non obbliga a dichiarare lo stabilimento di produzione.

In aggiunta alle indicazioni obbligatorie previste dal suddetto regolamento UE 1169/2011, è anche obbligatorio riportare le informazioni relative allo smaltimento degli imballaggi che costituiscono l’ unità di vendita, in ottemperanza al decreto legislativo N° 116 del 3 settembre 2020.

Indicazioni Obbligatorie Aggiuntive per Categorie Specifiche di Prodotto (Articolo 10)

Per categorie specifiche di prodotti, si devono riportare delle dichiarazioni obbligatorie aggiuntive, oltre a quelle sopra descritte: questo aspetto deve essere seriamente preso in considerazione per creare l’ etichetta di un prodotto alimentare a norma di legge.

Vi sono molti casi in cui bisogna inserire le dichiarazioni aggiuntive la maggior dei quali sono riportati nell’ Allegato III del Regolamento UE 1169/2011.

Tuttavia, vi sono anche dichiarazioni aggiuntive stabilite da norme specifiche; nelle tabelle seguenti elenco le dichiarazioni aggiuntive da riportare vicino alla denominazione del prodotto (TABELLA 1) e le dichiarazioni aggiuntive da riportare dopo la lista ingredienti (TABELLA 2).

TABELLA 1 - Dichiarazioni aggiuntive da riportare vicino alla denominazione del prodotto

Categoria di Alimento Dicitura Obbligatoria
Alimenti contenenti uno o più edulcoranti «con edulcorante/i»
Alimenti contenenti sia zuccheri aggiunti che edulcoranti «con zucchero/i ed edulcorante/i»
Alimenti contenenti aspartame/sale di aspartame-acesulfame «contiene aspartame (una fonte di fenilalanina)» o «contiene una fonte di fenilalanina»
Alimenti contenenti più del 10 % di polioli aggiunti «un consumo eccessivo può avere effetti lassativi»
Dolciumi o bevande contenenti acido glicirrizico o liquirizia ≥ 100 mg/kg o 10 mg/litro «contiene liquirizia»
Dolciumi contenenti acido glicirrizico o liquirizia ≥ 4 g/kg «contiene liquirizia - evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione»
Bevande contenenti acido glicirrizico o liquirizia ≥ 50 mg/l o 300 mg/l (se > 1,2 % alcol) «contiene liquirizia - evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione»
Bevande contenenti caffeina > 150 mg/l «elevato tenore di caffeina. Non raccomandato per i bambini e durante la gravidanza e l’allattamento» (seguito dal tenore di caffeina in mg/100 ml)
Alimenti diversi dalle bevande con caffeina aggiunta a fini fisiologici «contiene caffeina. Non raccomandato per i bambini e durante la gravidanza»

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