La frittura è un metodo di cottura che prevede l'immersione degli alimenti in grassi portati ad alta temperatura.
La caratteristica più importante del grasso di frittura è il punto di fumo, ovvero la temperatura alla quale inizia a decomporsi, producendo sostanze chimiche potenzialmente pericolose.
Gli oli vegetali più utilizzati sono quelli di oliva, di palma, di arachide, di soia, di colza, di mais e di girasole, con una diffusione che varia a seconda dei Paesi.
In Italia, l'olio di oliva è tradizionalmente diffuso, mentre in Estremo Oriente si preferiscono l'olio di soia e di palma.
Il differente punto di fumo tra i vari grassi dipende essenzialmente dal tipo di trigliceridi di acidi grassi che li costituiscono.
I grassi migliori per la frittura sono quelli saturi e con un numero di atomi di carbonio relativamente elevato, come l'acido laurico, il miristico, lo stearico e il palmitico.
I grassi vegetali si ottengono con diversi metodi e contengono anche sostanze che conferiscono importanti proprietà nutrizionali: antiossidanti, acidi grassi insaturi, acidi grassi liberi (non legati alla glicerina), vitamine e sali minerali.
Dai processi di raffinazione si ottiene un grasso che possiamo definire puro, che fornisce ottime prestazioni tecnologiche e che, se correttamente utilizzato, limita fortemente la produzione delle sostanze nocive durante la frittura. Ovviamente il punto di fumo viene innalzato anche di alcune decine di gradi.
La frittura è un ottimo processo di cottura che però richiede il rispetto di alcune regole, come evitare il rabbocco e lo sfruttamento eccessivo dell’olio. Bisogna evitare di superare il punto di fumo e di far cuocere troppo a lungo (nel caso delle patatine fritte, ad esempio, è bene evitare l’imbrunimento).
Strutto: un grasso animale riscoperto
Dal maiale si ottengono la sugna o lo strutto. L’estrazione del grasso che circonda il cuore e i rognoni di bovini e ovini viene invece comunemente chiamato sego.
Il sego è un grasso di colore bianco candido che, una volta raggiunta la temperatura di 40°/45°, si scioglie per poi essere filtrato e conservato, preferibilmente non a contatto con l’aria per evitarne l’irrancidimento. È pieno di vitamina D, acido linoleico e contiene alti livelli di Omega 3.
Il sego se fresco non presenta odore specifico, ma scaldato può emanare i sentori della carne arrostita, quindi è sconsigliato per alcune cotture in cui il suo aroma risulti fastidioso.
Fritture e Alte Temperature: Meglio dello Strutto?
La tradizione e l’utilizzo del sego ci sono giunte durante le dominazioni germaniche e dei popoli del Nord Europa. È un grasso saturo, da consumare con “prudenza nutrizionale”, ma il sego ha un'alta stabilità al calore e un punto di fumo molto alto (circa 250°C), superiore addirittura all'olio di oliva: quindi per cotture ad alta temperatura sulla griglia e per friggere, va benissimo. Può essere anche usato negli impasti del pane e nella panificazione.
Per fare un esempio, le patatine fritte in Belgio vengono ancora tradizionalmente cotte nel sego, miscelato oramai con olio vegetale. Pensino McDonald’s fino al 23 luglio 1990 ha utilizzato la stessa miscela, per poi sostituirla con un mix di oli vegetali (canola, soia e olio di mais).
Negli anni Novanta, lo chef inglese Fergus Henderson aveva portato alla ribalta la filosofia “from nose to tail”, letteralmente “dal naso alla coda”, che semplicemente invitava al consumo di tutto l’animale, non solo dei tagli nobili, senza scarti. Il precursore del ritorno al quinto quarto e alle frattaglie è stato anche colui che ha riscoperto il sego e a lo ha fatto diventare di moda.
Valeria Piccinini, chef toscana da due stelle Michelin, aveva presentato anni fa, alla manifestazione Identità Golose, una pasta con un’emulsione di grasso di bistecca di manzo alla brace e acqua di grana padano, con grattugiata finale di cuore di manzo essiccato.
Se il sego più nobile è quello bianco, il più possibile neutro ed elegantissimo, oggi si sperimenta con carni grass fed allevati al pascolo, dal grasso giallo, e con la lunga frollatura che restituiscono un grasso saporito, piacevolmente “rancido” nel gusto, che spinge la cucina contemporanea verso un nuova “palette” di sapori.
A Verona nel tempio della carne Butcher, lo chef Julio Cabrera serve un piatto a base di midollo, battuta di Garronese Veneta frollata 30 giorni, farofa di manioca speziata e acetosella, condita con grasso frollato 90 giorni.
«Il grasso animale è sempre stato un bene prezioso, non costa molto essendo considerato scarto ed è utilizzabile in parecchie maniere». Lui utilizza prevalentemente quello di agnello, che usa come grasso di cottura, per la conservazione di altri alimenti, ad esempio verdure o anche pesce, che ricoperto dal grasso ne prenderà anche sentori e aromi ammorbidendosi.
La scelta dell’olio
Per limitare i danni del fritto sarà opportuno scegliere l’olio più adatto alla frittura. E questo compito è particolarmente complesso perché dovrà tener conto del punto di fumo, ossia della capacità dell'olio di resistere alle alte temperature prima di ossidarsi, ma al contempo anche alla sua composizione nutrizionale.
Tra gli oli più indicati vi sono: Olio di girasole ad alto contenuto di acido oleico, che mantiene sicuramente un alto punto di fumo.
Il consiglio è di utilizzare preferibilmente una friggitrice elettrica, che consente di mantenere stabile la temperatura dell’olio evitando il superamento dei 190°, oltre i quali è decisamente facile osservare la formazione di acrilammide.
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Grassi animali vs Grassi vegetali
I grassi sono molecole di origine organiche, non solubili in acqua e con un altissimo potere energetico. Mentre i grassi vegetali, che sono ottenuti dalla spremitura di frutti o di semi vari, sono dei lipidi che derivano da piante e per questo sono costituiti da trigliceridi.
Se si segue una dieta povera di grassi è possibile farlo senza eliminare completamente i cibi come carni bianche, carni rosse, pesce; il tutto deve essere gestito con moderazione e in linea al nostro fabbisogno giornaliero.
Due grassi a confronto: Olio Evo e Strutto
I grassi vegetali, come l’Olio Extravergine di Oliva, vengono considerati meno dannosi di quelli animali. Contengono acidi grassi omega-3 e omega-6 che devono essere incamerati con regolarità per assicurare al nostro organismo un’ottima salute.
Lo Strutto è un grasso animale ottenuto dalla fusione mediante il vapore di tessuti adiposi del suino.
Sembra qualcosa di terribile, vero? Beh, in realtà è usato per rendere friabili gli impasti, donargli un sapore intenso e fragrante e ne aumenta anche il volume rallentando l’evaporazione dell’umidità. Insomma non male, vero?
Chi è in sovrappeso, chi soffre di colesterolo alto, di problemi cardiovascolari, deve evitare di utilizzarlo preferendo in questo caso l’Olio Extravergine di Oliva. Ecco uno dei principali motivi per cui usare un grasso animale in cucina è più salutare che usarne uno animale!
Pizza: Olio Evo o Strutto?
La pizza fatta in casa è sinonimo di festa, condivisione sia per grandi che per bambini. Per renderla adatta ad ogni occasione e soprattutto alle esigenze di tutti, è necessario conoscere alcuni segreti, come: L’olio da usare nell’impasto, la quantità di sale, i tempi di cottura.
La risposta a primo punto è molto semplice: l’Olio Extravergine di Oliva! Rientra tra gli ingredienti ancorati alla tradizione mediterranea della pizza: l’Olio Evo, il pomodoro e la farina.
L’Olio Evo nell’impasto serve per: Rendere la pizza croccante, friabile e gustosa; Migliorare la fase di lievitazione, per un’ottima digeribilità; Maggiore elasticità al composto; Conservare al meglio e più a lungo la pizza; Rendere facile la lavorazione dell’impasto.
Molto spesso c’è chi utilizza lo strutto al posto dell’Olio Extravergine di Oliva nell’impasto della pizza ma bisogna sapere che, grazie alle sue tipicità, è un prodotto molto più salutare e consigliato nella dieta mediterranea. Evitate di usare lo strutto per la pizza, la tradizione va sempre seguita!
Piadina all’Olio Evo o allo Strutto?
Tradizionalmente, la piadina ha come ingrediente insito lo Strutto. il termine piadina viene usato per la prima volta nel libro Descriptio Romandiolae, risalente al XIV secolo, facendo riferimento ad un pane di farina di grano, acqua o latte, sale e strutto.
È solo da qualche tempo che l’Olio Extravergine di Oliva ha preso piede nella tradizionale ricetta. Ma, nonostante questo, l’Olio Extravergine di Oliva e lo Strutto non sono così lontani da essere usati nelle fritture.
Ovviamente l’Olio Evo è molto più salutare e quindi usarlo nelle fritture è d’obbligo. Dobbiamo solo scegliere se salvaguardare la nostra salute o andare incontro a quelle che potrebbero diventare nemiche giurate del nostro corpo.
Olio Evo o Strutto?
Con la diffusione delle abitudini salutiste e del vegetarianesimo, forse nessun altro prodotto alimentare è diventato un tabù quanto lo strutto di maiale.
Questo ingrediente, tradizionalmente impiegato per una vasta gamma di preparazioni, viene sempre più abbandonato e sostituito da oli di semi e altri grassi di origine vegetale, in realtà non sempre preferibili, sia in termini organolettici sia sul piano nutrizionale.
Lo strutto è un grasso alimentare che si ottiene dalle parti grasse del maiale. L’estrazione avviene a caldo, e può interessare due depositi lipidici diversi dell’animale.
Quello più pregiato è il tessuto adiposo esterno - dove è presente la cotenna e che si distingue per essere più fibroso e consistente - porzione utilizzabile anche per produrre lardo, previa salatura e stagionatura.
La produzione tradizionale dello strutto prevede la rimozione della cotenna e il taglio del grasso a cubetti, al quale viene unita la sugna e gli altri ritagli di recupero dell’animale. Il tutto viene messo a cuocere a fuoco lento, per ottenere la fusione, consentendo l’evaporazione dell’acqua contenuta nei tessuti.
I cubetti gradualmente rilasciano lo strutto, che viene rimosso e versato ancora caldo nei recipienti che lo conserveranno. Dopo alcune ore i cubetti dorati, ridotti alla sola parte fibrosa dalla cottura, vengono levati dal grasso fuso, conditi in base alle usanze locali e pressati in un torchio, fino a ottenere quelli che sono noti col nome di ciccioli.
Lo strutto si presenta come una materia compatta, dal colore bianco caldo, mentre sul piano organolettico non risulta aggressivo. All’olfatto è chiara l’origine animale, soprattutto all’aumentare della temperatura, aspetto che rende la superficie traslucida e meno solida.
Se ben sigillato, lo strutto si può mantenere in frigorifero o nel congelatore per diversi mesi.
Questo grasso si distingue per un’eccellente resistenza al calore, con un punto di fumo a circa 250 gradi centigradi, mentre è scarsa la resistenza all’ossidazione e all’irrancidimento.
Le caratteristiche nutrizionali di questo grasso variano notevolmente in base al regime alimentare del maiale. Ad ogni modo, lo strutto contiene un’alta percentuale di grassi saturi e di colesterolo, con una concentrazione energetica elevatissima, fattori che lo rendono sconsigliabile per gli ipercolesterolemici e per i soggetti a rischio cardiovascolare.
Per il suo contenuto nutrizionale, verrebbe da dire che lo strutto fa male e che andrebbe usato con estrema parsimonia, specialmente per chi conduce una vita sedentaria. Dopo l’olio di fegato di merluzzo, lo strutto è l’alimento con la percentuale superiore di vitamina D, dato pressoché sconosciuto al grande pubblico.
Va considerato attentamente il profilo lipidico dello strutto, che pur avendo un elevato tenore di grassi saturi presenta una percentuale notevole di monoinsaturi, nettamente superiore a quella riscontrabile nel burro. Può sembrare strano, ma anche lo strutto, pertanto, può essere una fonte di grassi “buoni”.
L’alto punto di fumo dello strutto, come detto, lo qualifica tra i grassi migliori in assoluto per friggere.
Gli usi dello strutto in cucina
L’uso dello strutto di maiale in cucina ha una storia millenaria, che solo negli ultimi decenni si sta perdendo a favore degli oli vegetali e del burro. Il primo ambito di utilizzo riguarda la panificazione, sia per gli impasti salati che per quelli dolci, essendo in grado conferire fragranza, friabilità e morbidezza, senza alterare troppo il gusto. Lo strutto, inoltre, aumenta il volume della massa, contrasta la perdita di umidità e aiuta la conservazione dopo la cottura.
Per queste ragioni, risulta ottimale e pressoché insostituibile per la preparazione di molti prodotti da forno, come abbiamo visto nel nostro articolo sull’uso dei diversi oli.
È tipicamente presente nell’impasto dei grissini, delle brioches, della piadina romagnola, delle tigelle modenesi, dell’erbazzone reggiano, della coppia ferrarese, del casatiello, dei taralli napoletani e dei cannoli siciliani, solo per citare alcuni esempi noti.
In passato e prima della diffusione dell’olio d’oliva, questo grasso si impiegava anche per condire l’insalata e molte altre pietanze, una forma di utilizzo diffusa nelle campagne padane, che oggi, oltre ad essere del tutto desueta, appare piuttosto repellente.
Un’altra tipologia di utilizzo oggi pressoché abbandonata è la conservazione di altri prodotti alimentari, quando le salsicce e altri insaccati venivano messi in barattoli di vetro sotto strutto. Fra quelli citati, questo tipo di impiego risulta il meno consono per le peculiarità di questo grasso, che come abbiamo visto irrancidisce facilmente e teme luce e calore.
Particolarmente indicato rispetto alle caratteristiche del prodotto, è l’utilizzo dello strutto per friggere, tuttora praticato ma in progressivo calo.
Le crescentine bolognesi e lo gnocco fritto modenese, così come i bomboloni, le sfrappole o frappe di carnevale e la milza del pane ca meusa palermitano, sono tradizionalmente fritti nello strutto.
Oltre agli usi appena illustrati, lo strutto di maiale nel secolo scorso serviva per usi non alimentari.
Per concludere, si può affermare che è sbagliato bandire completamente lo strutto dall’alimentazione, ritenendolo a priori peggiore rispetto agli altri grassi che comunemente usiamo in cucina.
Da un punto di vista calorico il burro e la margarina, sono meno energetici, per il loro contenuto superiore di acqua, rispetto allo strutto e all’olio. Però lo strutto, tra i quattro candidati, è il grasso che ha punto di fumo maggiore, intorno ai 250°C, pertanto in teoria sarebbe il migliore in frittura e nelle cotture al forno.
Per punto di fumo, si intende il valore di temperatura in cui il grasso inizia a decomporsi, alterando la sua struttura molecolare. Lo strutto però ha lo svantaggio di essere meno digeribile, soprattutto dai bambini.
La margarina, per il punto di fumo troppo basso, intorno ai 150°C, la rende inadatta alle cotture in forno e per il fatto che, a seguito del processo industriale di idrogenazione cui va in contro per la sua produzione, può contenere acidi grassi trans o idrogenati, che hanno un effetto negativo sul cuore.
Suggerisco invece il burro, ma nella variante “chiarificato”, trattato per rimuovere acqua e proteine, al fine di renderlo più stabile in cottura. In questo modo il punto di fumo del burro si innalza fino a 180- 200°C (dai 150°C originari), la tipica temperatura di cottura di una torta ad esempio. Infine, rimane l’olio extravergine di oliva.
Meglio la frittura nello strutto o nell'olio?
Nutrizionisti e scienziati, finora, hanno avuto buon gioco nel relegare lo strutto, come tutti i grassi di origine animale, nella seconda fila della nostra gastronomia, nonostante la coraggiosa resistenza della cucina emiliana e in parte di quella romana e napoletana. Ma attenzione. Con buona pace di vegetariani e vegani, la tendenza potrebbe presto invertirsi.
Questione di percentuali
Oramai tutti gli studi, infatti, sono concordi nel sottolineare i rischi per la salute derivanti dalla frittura con oli di semi ricchi di grassi polinsaturi come quello di girasole (che ne contiene il 65%), soia (63%) e mais (60%). Grassi “buoni” a temperatura ambiente, ma che sprigionano sostanze tossiche ad alte temperature.
La ricchezza di grassi saturi (“cattivi”), invece, sconsiglia l'utilizzo del burro (51%) e dell'olio di palma (49%).
Da questo doppio pericolo rimangono quindi immuni solo due oli vegetali: l'olio extravergine d'oliva e l'olio di semi di arachidi, di gran lunga i più salutari nelle fritture. Ma se la cava anche l'insospettabile strutto, che arriva a un “intermedio” 32% di grassi saturi. Un livello non devastante, utilizzando questo ingrediente con moderazione per qualche frittura.
E poi lo strutto, durante la frittura, riesce sempre a garantire temperature stabili, e per di più con un punto di fumo elevato (180°-210°C, solo l'extravergine d'oliva fa meglio).
Ma dal punto di vista del gusto?
Quando conviene utilizzare lo strutto in luogo dell'olio extravergine d'oliva e di quello di arachidi? Il dibattito, dicevamo, è sempre stato apertissimo.
Merito di un retrogusto deciso che rende lo strutto spesso assai poco “neutrale”, che ha amanti (numerosi) e detrattori (non pochi).
L'invenzione? In Sicilia
Niente fritti con lo strutto, dunque, secondo il Belli: di sicuro non saranno stati d'accordo nell'area emiliana e romagnola, identificata da Pellegrino Artusi come quella dello strutto e del lardo, a differenza del resto del Nord Italia dove tra i grassi a prevalere era il burro e del Centro-Sud dove a regnare era ed è l'olio extravergine d'oliva.
Una ripartizione originatasi dal Medioevo, visto che in epoca romana era l'olio a dominare su tutti. Poi, con l'arrivo delle popolazioni barbariche legate alla pastorizia, le cose sono cambiate.
Anche se lo strutto, rispetto al burro e al lardo, ha una genesi diversa. Pare che a inventarlo, o per lo meno a perfezionarlo, fossero stati gli Spagnoli in terra di Sicilia, probabilmente nel XVI secolo. Gli Spagnoli lo chiamavano “saim”, che col tempo divenne “saìmi”, termine tuttora in uso nel dialetto palermitano.
A quell’epoca, lo strutto veniva prodotto in grandi quantità nel mattatoio di Palermo ed era destinato non soltanto al mercato locale, ma veniva esportato in tutti i paesi sotto la dominazione spagnola.
Lo strutto si ricava dal grasso del maiale: il grasso dorsale e sottocutaneo dà origine al lardo, quello surrenale - poverissimo di tessuto fibroso e con scarsa consistenza - allo strutto.
In Emilia
Nella cucina emiliana lo strutto è praticamente obbligatorio nello gnocco fritto reggiano e modenese, e in tutte le preparazioni similari: dalla torta fritta parmigiana al pinzino ferrarese, dalle crescentine bolognesi ai chisolini piacentini.
A Napoli
Nella cucina napoletana la “sugna”, anticamente e ancora oggi usato anche nell'impasto della pizza, viene utilizzato per friggere le zeppole di San Giuseppe. E, soprattutto in passato, delle zeppoline con le alghe.
Analogamente, lo strutto si utilizza anche nella preparazione di vari tipi di zeppole, come quelle della ** vigilia di Natale calabresi**. L'aroma dello strutto si presta inoltre alla perfezione per le frittelle dolci e salate in generale.
Nella cucina romana
A Roma nello strutto si frigge un piatto poverissimo della tradizione capitolina, caro ad Aldo Fabrizi. Ossia il pandorato, pane raffermo ammorbidito con latte e uova e poi fritto nello strutto. Ma questo ingrediente, nonostante i fulmini del Belli, compariva un po' dappertutto nelle fritture accanto al “rivale” olio extravergine d'oliva, che invece dominava incontrastato nella cucina giudaico-romanesca.
Dolce alternativa
Tra i dolci lo strutto compare anche nella vasta famiglia delle “chiacchiere” di Carnevale, come nei crostoli veneti, nelle maraviglias sarde e nelle sfrappole bolognesi. Un tempo, a Napoli, lo strutto si utilizzava anche nella frittura degli struffoli. Spesso, poi, viene utilizzato nella preparazione di un altro dolce di Carnevale diffuso in tutta Italia, le castagnole.
In generale lo strutto, oltre all'aroma inconfondibile, ha il pregio di lasciare gli impasti particolarmente morbidi, mentre con l'olio aumenta la croccantezza. Ecco perché diventa indispensabile ogni qual volta - dalle zeppole allo gnocco fritto - si vuole ottenere questo effetto.
I grassi animali sono prodotti alimentari di consistenza generalmente solida o semisolida, ricavati da tessuti animali ad alto contenuto lipidico.
Oli marini: prodotti alimentari ottenuti per spremitura a freddo di tessuti ricchi di grasso o per estrazione chimica dai residui della lavorazione industriale; ne sono esempi l'olio di fegato di merluzzo, l'olio di balena e quello di capidoglio.
In senso lato per grassi animali si intendono tutte le parti lipidiche isolabili dagli alimenti e dai prodotti alimentari di origine animale (carne, latticini, uova ecc.). In termini nutrizionali, quando si parla di grasso animale viene generalmente escluso dalla categoria quello di pesce, poiché vanta una composizione acidica particolare.
I lipidi animali sono infatti ricchi di acidi grassi saturi, che dovrebbero essere consumati con una certa moderazione, specie in presenza di sovrappeso, iperlipidemia e aumentato rischio cardiovascolare; in una sana alimentazione i grassi saturi non dovrebbero superare il 7-10% delle calorie quotidiane (max 15-30 g/die in relazione al fabbisogno calorico quotidiano).
L'eccesso di questi nutrienti, infatti, in sinergia con il colesterolo di cui i grassi animali sono altrettanto ricchi, facilita la crescita di placche aterosclerotiche all'interno delle arterie.
Di conseguenza, chi consuma elevate quantità di grassi animali è più soggetto ad alcune malattie cardiovascolari, in particolare la cardiopatia ischemica e le sue temibili conseguenze (angina pectoris, infarto miocardico e ictus).
I crostacei, pur essendo alimenti particolarmente ricchi di colesterolo, sono considerati meno aterogeni rispetto ai grassi animali, poiché contengono pochi acidi grassi saturi ipercolesterolemizzanti.
Anche il contenuto in colesterolo della carne rossa e di quella bianca è simile, ma essendo quest'ultima meno ricca di grassi saturi viene preferita alla rossa.
Nei grassi del pesce il contenuto in grassi saturi è limitato rispetto agli animali, mentre aumenta nettamente la quota di acidi grassi polinsaturi omega-3; questi grassi hanno un effetto neutro sui livelli di colesterolo nell'organismo, mentre facilitano la riduzione dei trigliceridi ematici e riducono lo stato infiammatorio dell'organismo (utile nella prevenzione delle suddette malattie cardiovascolari).
Tutti i grassi animali sono sconsigliati per la frittura o comunque per cotture ad elevata temperatura. Anche se va meglio per la crema ed il burro rispetto a tutti gli altri grassi animali, in questi casi la scelta dovrebbe ricadere su oli vegetali come quello di oliva, di arachidi o di girasole ad alto contenuto in acido oleico.
I Fulani, una etnia nomade dell'Africa occidentale, ricavano circa il 25% delle calorie giornaliere dai grassi saturi (quindi 2,5 volte in più rispetto ai livelli raccomandati); nonostante ciò il loro profilo lipidico (concentrazione dei vari lipidi nel sangue) indica chiaramente un basso rischio cardiovascolare. Tale evidenza si può spiegare sulla base dell'alto livello di attività fisica, contrapposto ad un basso apporto energetico.
| Grasso | Punto di Fumo (°C) | Grassi Saturi (%) |
|---|---|---|
| Strutto | 180-210 | 32 |
| Olio Extravergine d'Oliva | 210 | 14 |
| Olio di Girasole | 232 | 11 |
| Burro | 150 | 51 |