Formaggio e miele, un abbinamento raffinato e irresistibile che svela il segreto del successo di un’antica ricetta sarda: le seadas o le sebadas, i famosi dolcetti fritti realizzati con una sfoglia che racchiude un morbido e saporito cuore di formaggio.
Le Seadas, un'esplosione di sapori sardi.
Un Dolce con Nomi Diversi e una Storia Antica
Questa ricetta attraversa tutta la Sardegna, prendendo di volta in volta denominazioni differenti: sevada, sabada, casgiulata, seada, sebada, seatta. Una varietà di nomi che si ritiene derivino dalla parola seu che in sardo indica il grasso animale, che viene usato ancora oggi nell’impasto di questi bocconcini sfiziosi.
Il nome “seadas” ha una storia controversa. Sembra che derivi dalla parola latina sebum, oppure dalla parola “sebu” o “seu” che in sardo identifica il grasso animale, che era utilizzato nelle prime ricette. Il termine poi sarebbe da collegarsi all’effetto lucido che ha questo dolce, una volta pronto per essere consumato, dopo essere stato quindi ricoperto di miele rigorosamente sardo.
In Sardegna questo dolce è nato come piatto povero, diffuso nelle zone dell’isola dove si viveva maggiormente di pastorizia, come nella Barbagia o Logudoro.
Gli Ingredienti Chiave delle Seadas
Un ripieno che fa onore ai tipici sapori dell'isola, con il suo pecorino fresco dal gusto acidulo che si sposa perfettamente con la scorza di limone, dando così quel tocco fresco che contraddistingue questo dolce.
Come da tradizione, le sebadas o le seadas si gustano ben calde guarnite con il miele locale, quello di castagno, una tipologia di miele dal colore scuro e dal gusto deciso, un po’ amarognolo.
Ecco come condire le seadas, ovvero con un ripieno che ha alla base il pecorino. La crema deve essere quindi stesa con una spatola su carta da forno, così da avere uno spessore di circa 4-5 mm.
La Preparazione: Un'Arte Antica
Se siete amanti dei dolci tradizionali della Sardegna, sicuramente conoscete già le seadas (anche chiamate sebadas, seattas, sevadas), realizzate con una deliziosa pasta ripiena di formaggio e irrorata di miele. Oggi vi parleremo proprio di loro, delle seadas, seadas ricetta della nonna per intenderci; vi illustreremo passo passo una ricetta antica per prepararle, che potrà deliziare grandi e piccoli. Iniziamo a rispondere alle domande più comuni legate a questo dolce, caratterizzato dalla forma circolare, in cui all’interno troviamo formaggio pecorino trattato con arancia grattugiata o la buccia del limone, per offrire un gusto ancora più speciale e inconfondibile.
Le sebadas o seadas vanno fritte, meglio se con olio di oliva, o olio di semi di arachidi, molto caldo e abbondante. Eventualmente, si può anche usare lo strutto.
Per prima cosa, unite la farina di semola all’acqua e alle uova, e appena avrete un composto amalgamato unite lo strutto. Preparate quindi l’impasto, stendendolo e manipolandolo fino ad avere un forma senza addensamenti ma liscia.
Stendete quindi la pasta, in modo da avere uno spessore di circa 4 mm.
Ponete le saedas in una padella con olio bollente, friggete un minuto per lato.
Provate la ricetta, siamo certi che sarà di vostro gusto.
La preparazione delle Seadas
Pina Marcis: La Food Blogger Sarda Che Ha Conquistato il Web
Ha le mani d'oro e le sue pagine social sono una miniera di foto e video-ricette della sua terra, la Sardegna. Ha 73 primavere Pina Marcis, di Abbasanta (Oristano), food blogger. Con il profilo "La cucina di Pippi" ha raggiunto la notorietà in rete postando piatti, dolci, paste fresche, principalmente della tradizione sarda. Antichi gesti che diventano virali e trasformano semola, farina, uova, miele, mandorle, in capolavori del gusto made in Sardinia: pardulas e seadas tra i dolci, ravioli, culurgiones, pani fratau, lorighittas, fregula tra i primi.
Di lei parlano i numeri. Con alcuni record: il video de Su tzichi ùntu, pane antico sardo, ne ha 1,3 milioni, Is Tzippulas, le zippole, oltre un milione, va forte anche con la descrizione della lavorazione dei culurgiones ogliastrini chiusi con maestria. I suoi post creano interazioni e scambi con un pubblico trasversale e internazionale. "Tanti sardi che vivono lontano dall'Isola mi scrivono, vogliono apprendere di prima mano come creare le ricette, per riappropriarsi, attraverso il cibo, delle proprie radici. E questo mi dà tanta gioia", racconta Pina all'ANSA.
La seguono giovani chef, curiosi di apprendere preziosissimi e professionali consigli su come realizzare queste piccole opere d'arte, appassionati di tradizioni da tutto il mondo. Fa parte dei suoi ricordi l'immagine di lei bambinetta, Pippi, sullo sgabello, per raggiungere il tavolo di lavoro dove sua nonna Maria e sua madre Anna Maria preparavano culurgiones, ravioli e pardulas. "Per me - ricorda - era un gioco entusiasmante lavorare i primi pezzetti di pasta o ritagliare con le forbicine le frange di carta velina colorata per avvolgere i gueffus, i deliziosi dolci di mandorle".
Per anni 'food manager' in famiglia, ora la sua platea si è ampliata al mondo del web e dei social. "L'ho scoperto dieci anni fa grazie a Roberta e Anna Maria, le mie due figlie - svela - sono state le mie maestre di innovazione digitale, mi hanno aperto un canale sul mondo. Mi hanno mostrato come fotografare i miei piatti e condividerli. Iniziavano ad arrivare i primi like, erano un incoraggiamento ad andare avanti. Ora ho familiarizzato con diversi strumenti di divulgazione e imparo sempre cose nuove", confessa.
Nel suo curriculum brilla anche la vittoria al programma della celebre food blogger Benedetta Rossi 'Ricette d'Italia', le sue Tamàtas prenas, pomodori ripieni, faranno parte dell'omonimo volume di prossima uscita. Ogni anno arrivano gruppi di americani ad Abbasanta per i corsi di fregula da guidati da Pina. "Amo la mia terra - conferma con orgoglio - voglio far conoscere in tutto il mondo questo immenso patrimonio di sapienze, sapori, artigianalità, trasmesso e sviluppato dalle donne, con la loro grande capacità di creare, dalla ricchezza dei dolci gioiello ai fini ricami di pasta. E' il mio modo per essere grata a quante hanno contribuito a trasmettermi questa cultura".